E’ un testo elegante e potente quello scritto da Caterina Venturini andato in scena al Teatro Vascello di Roma dal 27 al 31 dicembre. Il viaggio di Teresa è questo il titolo scelto per sessanta minuti di emozioni in cui tantissimi sono i temi affrontati dall’autrice, nata a Ferrara e romana di adozione, che ha firmato anche la regia.

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Ci siamo recati a teatro con la convinzione di assistere ad uno spettacolo sull’eutanasia, tema molto discusso nell’ultimo periodo. Eravamo certi di assistere ad un lavoro che parlasse della “morte dolce” e ci siamo trovati di fronte ad un lavoro che pullula di vita.

Paura, coraggio, amore, solitudine, rabbia, accudimento sono solo alcuni i temi trattati nello spettacolo che vede in scena tre donne: una madre, donna vitale, di buona cultura, curiosa e anticonvenzionale, con una bella famiglia e due figlie molto diverse tra loro.

Il pubblico si accomoda a sipario già aperto, è il bianco a prevalere, in scena quattro pannelli. Si abbassano le luci ed entrano in scena due donne, due figlie alle prese con la realizzazione di un armadio per fare ordine nella stanza della loro madre. O forse fare ordine nella loro vita. Sistemano e pitturano l’armadio Anita e Bianca, la prima interpretata da Maurizia Grossi, convincente e naturale nel ruolo della primogenita, l’altra interpretata dalla stessa Venturini decisamente più provata dal segreto che porta con se.

Al centro della loro conversazione il rapporto con gli uomini ma soprattutto quello con la loro mamma. E’ una straordinaria Carola Cassola ad interpretarla. La donna, Teresa, ha superato la settantina, colpita da una patologia di tipo progressivo. La donna realizza di non essere pronta ad affrontare la prostrazione di un lento declino fisico e, all’insaputa di tutti, organizza il suo viaggio in Svizzera, dove è autorizzata la morte assistita, la ‘morte dolce’. Fingendo quindi un viaggio di salute, alle terme, Teresa prende un treno, lasciando le figlie  a occuparsi della casa di famiglia, che loro intendono riordinare nei giorni di assenza della madre.

L’occasione del riordino diventa il pretesto per le due per un forte confronto, dapprima pacato, come scambio di opinioni, per arrivare poi ad uno scontro e alla rivelazione di segreti che per tutta la vita erano stati tenuti nascosti.

Mentre le due donne portano a galla le paure che hanno condizionato la loro vita, la loro madre, durante il suo viaggio- nell’ammirazione dei paesaggi, nel ripercorrere il passato, in un incontro imprevisto che le consegna una lettura illuminante, trova la forza di un possibile ripensamento: “in fondo un anno…due anni di vita possono essere tanto tempo, il tempo per leggere i libri che non sono riuscita a leggere, per dire le cose che non ho avuto il coraggio di dire…Il tempo per ‘alzarsi sazi dalla tavola’”.

È la lettura di questi versi a farla ragionare.

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