Un testo intelligente e senza tempo, una messinscena pensata e progettata nei minimi dettagli, con una sensibilità artistica che regala al fedele pubblico del Rossetti una produzione culturalmente stimolante, coinvolgente e di qualità.
“Immaginate di poter “aprire” la facciata di un palazzo e di osservare e raccontare le vite che scorrono nei diversi appartamenti” si legge fra le note di regia di Paolo Valerio, ispirato a sua volta dal testo “La vita: istruzioni per l’uso” di Georges Perec.
Un’immagine che diventa il fulcro della rappresentazione teatrale de “La bottega del caffè” di Carlo Goldoni che ha inaugurato una ricca e variegata stagione al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
Una scenografia, quella di Marta Crisolini Malatesta, che si staglia sul palcoscenico, mettendo a nudo le diverse stanze in cui si svilupperanno le azioni dei personaggi. Ancor prima che cominci lo spettacolo, lo spettatore viene già catapultato letteralmente nel progetto artistico che è stato pensato, costruito e realizzato a partire da quest’immagine attraente e, allo stesso tempo, scomoda, legata al poter “curiosare” veramente nella vita degli altri, al poter entrare nelle conversazioni e nei pensieri delle persone che popolano la scena.
In quanto spettatori dovremmo sentirci legittimati ed abituati ad osservare e ad ascoltare quanto avviene sul palcoscenico eppure, mentre lo spettacolo prende vita, ci si sente quasi a disagio di fronte all’invadenza di Don Marzio, interpretato da un convincente Michele Placido, che distorce il vero, che non conosce limiti nell’intromettersi nelle faccende altrui, che pensa di orchestrare le vite degli altri per poi ritrovarsi ad essere vittima del suo stesso gioco.
Dietro a questa commedia divertente e “leggera” vi è un microcosmo umano che rivela il proprio “lato oscuro”, quello che per circostanze sociali si nasconde dietro ad una maschera che, oltre a ricordare l’ambientazione veneziana, ci fa riflettere sull’apparenza ambigua della realtà circostante.
Un plauso va al regista Paolo Valerio che, in qualità di direttore del Rossetti, sta regalando una nuova linfa vitale al pubblico triestino, alimentata ulteriormente da questa nuova produzione dello Stabile regionale in collaborazione con Goldenart Production e con la Fondazione Teatro della Toscana.
Un riconoscimento va anche alla compagnia di attori che ha interpretato con maestria la variegata umanità protagonista ed in particolare a Francesco Migliaccio ed Emanuele Fortunati nei ruoli, rispettivamente, di Ridolfo ed Eugenio.