Polistrumentista e cantautore affermato grazie ad anni di impegno e lavoro, Andrea Cassetta è venuto a raccontarci di come è nato il suo amore per il mondo musicale. Tra brani, cortometraggi e collaborazioni, che lo ha portato ad aprire l’ultimo concerto di Piero Pelù a Roma, Andrea è stato in grado di sintetizzare le proprie esperienze in uno stile completamente personale. Una storia che siamo fieri di riportare con questa intervista.
Da dove nasce la tua passione per la musica e come l’hai coltivata?
La passione per la musica è qualcosa di inscindibile dalla mia persona, ogni mio ricordo, fin dall’infanzia, è legato alla musica. Da bambino percuotevo di tutto, mi creavo dei veri e propri set di batteria con bagnarole rovesciate, barattoli di vernice e cose simili che poi percuotevo con le cucchiarelle di legno, ma a 8 anni ci fu il primo approccio con uno strumento vero. Ho iniziato imbracciando una vecchia chitarra classica di mio nonno scomparso quando avevo solo 2 anni, era lui l’artista della famiglia, dipingeva, suonava il violino e la chitarra.
A 8 anni ho trovato in casa questa custodia impolverata con dentro la chitarra e un prontuario di accordi logoro e macchiato, ho iniziato così, da autodidatta. Ricordo che andai da mio padre e gli chiesi di comprarmi la chitarra elettrica, lui convinto che fosse una fissa passeggera mi rispose: “se impari a suonare te la compro” e così poco tempo dopo sono tornato da lui suonandogli tutti gli accordi maggiori e minori ed ha dovuto mantenere la sua promessa. Poco più tardi mi sono approcciato anche ad altri strumenti, ad esempio il basso e la batteria (che è in realtà il mio primo amore).
Nella tua carriera hai rivestito molteplici ruoli prima di formare una tua band. Queste esperienze hanno influenzato il tuo lavoro da cantautore?
Si, nei primi anni dell’adolescenza ho suonato con diversi gruppi rivestendo vari ruoli (bassista, batterista e chitarrista) fino a che ho iniziato a scrivere le mie canzoni e da lì a formare una mia band il passo è stato breve. Nella mia prima band cantavo dalla batteria, ma dal vivo la voce si sentiva sempre poco perché nel microfono rientrava molto il rullante ed il resto del kit per cui in seguito optai per un ruolo più usuale: chitarra e voce.
Queste esperienze passate mi hanno reso polistrumentista, infatti nei miei dischi suono tutti gli strumenti e questo mi permette, inoltre, di avere una visione completa del brano già nelle prime fasi di scrittura oltre che una totale indipendenza nella realizzazione dell’opera. Sicuramente saper suonare diversi strumenti rende il mio approccio alla stesura dei brani molto più vasto e privo di paletti, mi piace anche azzardare come ad esempio con il brano “grida mute” nato per esigenza (mi sono fratturato la mano destra e non ho potuto suonare per 2 mesi) si tratta di un esperimento musicale creato solo con elementi percussivi e voci.
Le percussioni le ho suonate con una mano e poi ho aggiunto delle programmazioni di batteria elettronica per fare da tappeto a dei canti tribali che raccontano un’esperienza sensoriale e psichedelica al limite della vita onirica. “Grida mute” la trovate su spotify come ultima traccia del mio secondo album “melodie impolverate” oppure potete vedere il videoclip verticale su youtube, un video molto ipnotico e surreale.
“Dove i Pesci affogano” e i seguenti cortometraggi sono state alcune delle iniziative più importanti della tua carriera. Cosa puoi dirci riguardo alle motivazioni che hanno dato vita a questi progetti? E che tipo di organizzazione si é resa necessaria per portare avanti questi progetti?
Dove i Pesci affogano nasce dopo un periodo di stop che è durato 2 anni. Avevo deciso di smettere di suonare, non stavo passando un bel periodo a livello emotivo. Non mi riconoscevo più nella musica che avevo fatto finora e nel look androgino che adottavo nei miei live dal 2004 fino al 2010, ma la musica per me è come una droga da cui è impossibile disintossicarsi ed ecco che è riemersa prepotentemente nella mia vita dando luce ad uno dei miei progetti più intimi, viscerali e decadenti. Credo che Dove i Pesci affogano sia la mia opera più artistica, ma anche la più sofferta perché è nata da un down profondo come evidenziano i testi delle canzoni che la compongono, ad esempio Le rive della desolazione.
Un altro aspetto importante di questo progetto sono i cortometraggi legati agli omonimi EP: Capitolo 1 l’abisso e Capitolo 2 l’inconscio (li trovate su youtube) dove racconto in chiave simbolica la mia vita, le mie paure e le mie insicurezze che sono poi quelle di gran parte degli esseri umani. I cortometraggi sono pieni di simbolismi tipici della vita onirica e possono essere interpretati dallo spettatore in base alle proprie esperienze di vita. Amo mettere anche dei messaggi subliminali di vario tipo all’interno delle mie opere, fin dal mio primo album del 2009 vorrei essere come te, sta a voi scovarli.
Realizzare questi EP e gli omonimi cortometraggi è stato molto dispendioso a livello di tempo e di energie. Organizzare le riprese non è stato facile soprattutto quando ho coinvolto altre persone, ma alla fine ne vale la pena perché opere di questo tipo sono un’estensione dell’artista e rendono a loro volta l’artista immortale. Io vedo la musica come una possibilità di lasciare una traccia della propria esistenza, il bello dell’arte è proprio questo continuare a vivere al di là della vita, al di là del tempo e dello spazio. Quando non ci sarò più e qualcuno premerà play ad uno dei miei brani mi riporterà in vita, in quel preciso momento io sarò lì, vivo, attraverso le mie opere.
Nel 2016, grazie proprio al secondo cortometraggio “Capitolo 2 l’inconscio”, c’è stato il primo contatto con Piero Pelù e ora, nel 2021, ti sei trovato a condividere il palco proprio con lui, ce ne puoi parlare? E che emozioni hai provato?
In realtà il primo vero contatto con Piero c’è stato nell’estate 2013 gli mandai il brano Le rive della desolazione estratto da Capitolo 1 l’abisso che lui apprezzò molto addirittura condividendolo sulla sua pagina facebook, poi ci siamo continuati a scambiare messaggi negli anni successivi, gli ho fatto ascoltare altri miei lavori ed ha dimostrato sempre interesse per le mie produzioni e di questo ne vado molto fiero, poi nel 2021 finalmente è arrivata la grande occasione di aprire un suo live.
È stata un’esperienza indimenticabile, tra l’altro 3 anni prima ero stato all’auditorium a vedere Noel Gallagher con due miei amici (Federico e Gianluca) e pensavo: “chissà cosa si prova a salire su un palco del genere, io non lo saprò mai!” e un po’ mi rattristava questo pensiero, invece grazie a Piero sono salito su quel palco così importante, ho vissuto un sogno ad occhi aperti e per questo io lo ringrazierò a vita.
La cosa che mi ha sorpreso è stata che non ero spaventato da un palco così imponente anzi, ero carico e mi sentivo proprio nel mio habitat naturale, tra l’altro il pubblico ha reagito molto bene, erano coinvolti e c’è stato un grande scambio di energie, non mi aspettavo tanto entusiasmo, non è facile conquistare il pubblico di un mostro sacro del rock italiano come Piero Pelù. Spero che in futuro avrò modo di condividere ancora il palco con lui anche se il mio più grande sogno sarebbe incidere un brano insieme, lo so, sto correndo con la fantasia, ma questa esperienza mi ha insegnato che nella vita mai dire mai.
Progetti per il futuro?
Ho diversi progetti, alcuni quasi completati ed altri in stand by come il capitolo finale della trilogia di Dove i Pesci affogano. Al momento sto lavorando ad un nuovo EP con brani molto tirati, un bel rock energico sul filone del mio ultimo album “Di cattivo gusto” uscito ormai quasi 2 anni fa …. il nuovo EP è previsto per Settembre 2021.
Vi ringrazio per la chiacchierata e la disponibilità, un saluto a tutti i lettori, restate a galla!
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