Dall’8 al 13 giugno sbarca al Politeama Rossetti “Festen. Il gioco della verità”, dramma dai profondi risvolti sociali

(Il Politeama Rossetti avvisa: per le tematiche affrontate, si consiglia la visione a un pubblico di adulti o minori accompagnati.)

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“Festen” parla dei Klingerfeld, una grande famiglia molto agiata riunitasi in occasione del sessantesimo compleanno del padre Helge. Ci sono tutti, dai parenti più lontani alla moglie e i tre figli Christian, Helene e Michael. Manca solo una persona all’appello, Linda, la sorella gemella di Christian, da poco morta suicida. Ed è questo scontro tra luce e tenebre, festa e morte, che si protrae finché Christian non decide di fare il suo brindisi e rivelare un terrificante segreto, taciuto fin troppo a lungo.

L’opera è tratta dall’omonimo film di Thomas Vinterberg, prima pellicola aderente al manifesto “Dogma 95”. “Dogma 95” nasce nel non così lontano 1995 grazie a quattro cineasti danesi, tra cui anche lo stesso Vinterberg. Qualunque tipo di orpello, dalle luci al cavalletto della telecamera, viene abbandonato in favore di un cinema senza filtri, attento all’interiorità dei personaggi.

“Festen” parla della storia di una famiglia, concentrandosi innanzitutto sulla tensione tra padre e figlio, ma non finisce qui. Sarebbe troppo semplice ridurre il tutto ad uno scontro tra l’eroe e il cattivo. L’opera ha in realtà un profondo significato politico sociale. Con “Festen” la società intera viene denunciata e tutti hanno una colpa, delle zone d’ombra, un lato oscuro.

Si ragiona su quanto il nostro rapporto con il potere e con l’ordine costituito influiscano sul nostro rapporto con la verità. Christian confessa il suo segreto, denuncia i suoi aguzzini, eppure la festa continua nell’indifferenza generale, lasciando il pubblico oltremodo atterrito.

La nota di merito maggiore all’opera teatrale è proprio la rappresentazione scenica di questa lotta tra verità e ipocrisia. Il palco è tagliato a metà da un telo e all’inizio tutti i personaggi vi sono dietro. Gli attori sono registrati in diretta e il piano sequenza viene proiettato sul telo. Così la platea può scegliere: guardare le immagini artificiosamente riproposte dalla telecamera, oppure aguzzare la vista e scorgere le persone in carne e ossa dietro al telo. Un telo che ricorda molto il velo di Maya del filosofo tedesco Schopenhauer. Un telo che bisogna strappare per smettere di vivere nell’illusione e per scorgere finalmente la realtà delle cose, per quanto possa essere doloroso.

E così accade. Come in un domino, il castello di falsità dei Klingenfeld comincia a franare fino alla lettura di un biglietto lasciato da Linda. Un messaggio che conferma le parole di Christian e fa aprire gli occhi ai commensali una volta per tutte. Alla fine quindi, come in una tragedia greca, è la voce dei morti, il sacrificio di un’innocente, a rivelare la verità.

Ovviamente il telo infrange le regole di realismo e purezza di “Dogma 95”, ma è un modo astuto di rappresentare la psicologia umana. In fondo, il teatro affascina anche per la magia della metafora e dell’evocazione.

Nel film “Festen” la recitazione quasi violenta e il ritmo atrocemente serrato non ci danno tregua. Ci si concentra con crudo realismo sulla banalità dell’orrore che può consumarsi nella vita di tutti i giorni. A teatro, invece, l’opera fluisce con più brio e comicità, senza però scalfire l’intensità della tragedia.

L’intero cast (Danilo Nigrelli, Irene Ivaldi, Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Elio D’Alessandro, Roberta Lanave, Barbara Mazzi, Raffaele Musella, Angelo Tronca) è affascinante, vivace quando può e intenso quando serve. Per non parlare della regia attenta a ogni dettaglio di Marco Lorenzi, nonché autore della traduzione italiana e della riscrittura a quattro mani con Lorenzo De Iacovo.

Inoltre è interessante la scelta del titolo “Festen. Il gioco della verità”, in luogo di quello originale “Festen. Festa in famiglia”. La modifica porta la nostra attenzione verso le forti citazioni, presenti nello spettacolo, all’universo favolistico dei fratelli Grimm.

“Festen. Il gioco della verità” è quindi una specie di favola. Una storia con eroi, orchi e, come ogni favola che si rispetti, una morale a cui prestare attenzione.

Organizzazioni come “Telefono Amico Italia” (https://www.telefonoamico.it/telefono-amico-italia/) e “Telefono Azzurro” (https://azzurro.it/) offrono ascolto e aiuto a bambini e adulti in difficoltà, lottando per la prevenzione al suicidio e contro la violenza.

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