Leggendo il titolo dello spettacolo ideato da Leonardo Manzan e Rocco Placidi, il collegamento immediato è al Glory Hole. Almeno per chi lo conosce. Come sempre accade nell’Arte, per cogliere i suggerimenti o le provocazioni è necessario avere una conoscenza pregressa, altrimenti anche l’opera perfetta può apparire insensata. È questo il rischio che si corre su entrambi i fronti del muro.
Un muro che è sipario, forse, di uno spettacolo che ragiona su se stesso. Sul senso attuale del Teatro, degli artisti e di quella parte della Società che frequenta i teatri.
Nato in seno alla Biennale Teatro 2020, incentrata sul tema della censura, la performance Glory Wall vuole ragionare sulla censura, censurandosi. Sembra un gioco di parole o un rebus intellettualistico, ma in fondo i due giovani autori seguono una scelta coerente: mettere in crisi lo stesso “sistema” lessicale che dovrebbe essere mezzo espressivo, dando corpo a una censura che si fa parola, musica, scena, luce e gesto. Lo spazio è censurato, di conseguenza viene meno l’attore-performer nella sua interezza, i suoi gesti coerenti, plasmati dal disegno luci. Per evitare il rischio di una messinscena esteticamente esaustiva, ma priva di contenuti, Glory Wall sfrutta il muro come un diaframma che di fatto non impedisce lo spettacolo, ma lo rivoluziona.
Il muro è citazione stessa, ma è anche oggetto espressivo delle idee – plastiche, linguistiche o concettuali – che si impongono sugli spettatori con prepotenza, ma anche con scherno, ironia e comune divertimento. Non si tratta di uno spettacolo intellettualistico, ma di una lucida analisi della crisi di un genere scaturita proprio da una censura silente, eppure terribile e spietata. La stessa censura che stabilisce spesso un patto fra spettatori e teatro e che impedisce una libera espressione autoriale nel nome di una tradizione o di un ideale ormai superati.
Si parte da un vero Glory Hole da cui una bocca implora di essere riempita (di contenuti?) e si finisce con il pene dell’autore che, in una ipotetica intervista a volto coperto, tenta di provocare uno scandalo ormai impossibile. Nel mezzo arti rosso-sangue, oggetti distrutti, parole stracciate, suoni e ombre innaturali si accompagnano a un linguaggio (scritto) “giovanile”, scanzonato e apparentemente leggero che si burla di PPP e del povero Giordano Bruno – esimi esempi di vittime censurate – inneggiando alla purezza primigenia di Al bano e delle sue canzonette rassicuranti.
Alla fine si tirano le somme: si fatica a comprendere come mai il teatro non abbia più una funzione di scandalo. I perché di questo splendido ragionamento però restano nascosti, dietro il muro.
Teatro Vascello 13-18 ottobre 2020
GLORY WALL
di Leonardo Manzan e Rocco Placidi
con Leonardo Manzan, Rocco Placidi e Paola Giannini, Giulia Mancini
scenografie Giuseppe Stellato
luci Paride Donatelli
progetto sonoro Filippo Lilli
regia Leonardo Manzan
produzione Centro di Produzione Teatrale La Fabbrica dell’Attore -Teatro Vascello, Elledieffe
Miglior spettacolo de La Biennale Teatro 2020