Intervista a Felice Della Corte, direttore artistico del Teatro Marconi di Roma e del Teatro Nino Manfredi di Ostia. Questa volta, il direttore parla in veste di Presidente dell’UTR (Unione Teatri di Roma). che riunisce 47 teatri, ovvero la maggioranza dei Teatri privati della Capitale.
Si protesta per l’ultimo decreto emanato dal Ministro Franceschini.
Direttore è stato emanato a poco un comunicato dell’UTR (Unione Teatri di Roma) di cui è presidente. Non siete d’accordo con l’ultimo decreto emanato dal Ministro della Cultura. Cosa non vi convince?
L’ultimo decreto, come detto nel comunicato, crea un ingiusto discrimine tra le sale teatrali con più di 300 posti e quelle con meno. Si tratta di un clamoroso errore di valutazione perché, qualunque sia il criterio al quale ci vogliamo appellare, non si tiene conto del valore culturale delle imprese. Qualsiasi grande artista ha mosso i suoi primi passi, si è formato ed è diventato un grande partendo dalle piccole sale. Inoltre ci sono realtà con una capienza inferiore ai 300 posti che generano un’attività intensa e importante che poco ha da invidiare alle sale più grandi.
Come è stata gestita a vostro avviso la situazione nella fase di lockdown? Sono stati comunque stanziati dei fondi. Non sono stati abbastanza?
Sì, ci sono stati dei fondi stanziati, come, del resto, è giusto che sia e non solo per il settore cultura. Il problema relativo ai fondi destinati allo spettacolo dal vivo è evidente quando non si tiene conto delle problematiche per il riavvio delle attività. Lo spettacolo dal vivo subisce due tipi di danni differenti e maggiori rispetto al resto: il primo riguarda il prodotto che, a differenza di altri, non può essere stoccato per essere venduto il giorno dopo. Con questo intendo dire che uno spettacolo non lo puoi offrire a pezzi, che ci sia uno o cento spettatori lo devi portare in scena dall’inizio alla fine; Il secondo è che, viste anche le norme di prevenzione più restrittive rispetto agli altri settori, il clima di terrore rende più difficile il riavvio che, inoltre, non potrà partire prima della naturale ripresa delle stagioni teatrali.
Necessariamente il sostegno per il settore deve tener conto di questi fattori e non può fermarsi alla fase immediatamente successiva all’emergenza.
Il Comune di Roma, in tutta questa situazione è stato al vostro fianco?
Preferirei rispondere a un’altra domanda in attesa che i responsabili diano un primo vero segnale di presenza.
Cosa dovrebbe fare il Governo per un più equo sostegno?
Per sostenere equamente il settore dello spettacolo dal vivo il Governo dovrebbe in una prima fase finanziare tutte le strutture che sono accreditate nel settore senza alcuna differenza preventiva. Esiste un modo oggettivo di poterlo fare: tener conto del fatturato degli anni precedenti e del numero di spettacoli effettuati e, solo in base a questi parametri oggettivi, attribuire una premio percentuale a fondo perduto per sostegno.
Immediatamente dopo rivedere la legge di finanziamento dello spettacolo dal vivo che in questi anni ha ampiamente mostrato tutti i suoi limiti.
Il 15 giugno sono stati aperti i teatri. E’ cambiato qualcosa?
A mio avviso, aver fissato la riapertura dei teatri per il 15 giugno è stata una sorta di presa in giro. Non c’è bisogno di essere esperti del settore ma basterebbe aver frequentato un teatro due volte l’anno per ricordarsi che nei mesi di luglio-agosto-settembre non si va a teatro in luoghi chiusi. Dunque l’unica cosa cambiata e l’esposizione economica negativa della gestione dell’esercizio teatrale.
Come si prospetta la prossima stagione?
La prossima stagione si prospetta densa di incognite. Non è prevedibile che cosa succederà in termini di decreti né come reagiranno le persone. Immaginiamo che, responsabilmente, sarà necessario, in ogni caso, fare programmazione anche prevedendo un forte disavanzo economico. Anche in questo sarà doveroso da parte del governo prenderne coscienza e mettere in condizione tutto il comparto dello spettacolo dal vivo di resistere fino alla completa ripresa.