“In cosa si assomigliano Dio e il calcio? Nella devozione che molti credenti nutrono nei loro confronti e nella diffidenza con cui molti intellettuali li guardano.”

scrive Eduardo Galeano nel suo libro El fútbol a sol y sombra. Y otros escritos (1995). 

Già, storicamente il calcio non è ben visto da alcuni dei letterati più conservatori, come nel caso di Jorge Luis Borges che, forse provocatoriamente, indisse una conferenza sul tema dell’immortalità proprio nello stesso giorno e alla stessa ora di un’importante partita per la qualificazione dell’Argentina ai mondiali del 1978.

Il calcio appartiene al popolo, facile preda della superstizione e predisposto all’idolatria, è una celebrazione di quegli istinti animali che l’uomo è costretto a reprimere durante la quotidianità.

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D’altra parte, molte menti di sinistra vi hanno intravisto minaccia più subdola: l’atrofizzarsi della spinta rivoluzionaria delle masse operaie, risultato di un’abile strategia imperialistica per mantenere i popoli oppressi in uno stato di incoscienza infantile.

Ma questo sabato Fútbol, miti e leggende del calcio sudamericano, pièce teatrale in due atti scritta da Giuseppe Vergara, ha raccontato una versione diversa della storia. Anzi due.

Sul palco di Hangar Teatri sono tornati a vivere due leggendari calciatori sudamericani e con loro una concezione di calcio fondata sulla fratellanza, capace di superare barriere sociali e culturali per trasformarsi in qualcosa di simile all’esperanto, un linguaggio comune in cui si annidano grandi ideali universali.

In un reading a due voci Andrea Salvo e Luca Giustolisi ci hanno raccontato di Carlos Caszely, giocatore del Colo Colo e della selezione nazionale cilena, il quale, dopo una partita simulata contro l’Unione Sovietica per la qualificazione alla Coppa del Mondo del 1974, rifiuta di stringere la mano al dittatore Augusto Pinochet, compiendo un gesto di grande levatura morale e di rispetto nei confronti delle migliaia di persone sospettate di allendismo che vengono imprigionate, torturate e uccise nello stadio Nacional. L’antipatia reciproca tra Caszely e Pinochet si protrarrà fino alla fine del regime, quando il calciatore comparirà in uno spot pubblicitario per promuovere il sì al referendum per le libere elezioni, indetto nel 1988.

È poi il turno di Obdulio Varela, o “ El Negro Jefe” (il capo nero), capitano della nazionale di calcio uruguaiana e uno dei grandi protagonisti del “giorno del Maracanazo“, il famigerato 16 luglio del 1950, quando il Brasile viene sconfitto in casa dall’Uruguay, che (quasi letteralmente) gli strappa di mano la Coppa del Mondo.

Anche se non segna nessun gol, Varela viene ricordato per essere stato il responsabile morale della sconvolgente vittoria della sua squadra, ovvero per la sua capacità far mantenere i nervi saldi ai suoi giocatori:

“Los de afuera son de palo” (“Quelli là fuori non esistono”),

pare che abbia detto ai suoi compagni prima di entrare in campo, riferendosi ai duecentomila tifosi brasiliani assetati di sangue che li attendevano sugli spalti.

Ma dopo la vittoria di Davide contro il gigante Golia, Varela sente una profonda compassione per una nazione messa in ginocchio da una simile tragedia, un popolo in lacrime costretto a sospendere i festeggiamenti del carnevale:

“Ero campione, ma non provavo nessuna allegria nell’esserlo”

commenterà poi Varela riguardo a quel giorno.

Fútbol, miti e leggende del calcio sudamericano ha affascinato i suoi spettatori con due memorabili episodi di storia del calcio sudamericano, eredità coloniale che si è trasformata in un fondamentale mezzo di riscatto per neri, mulatti e creoli, ovvero per gli esclusi dalla società a causa della “democrazia razziale” o della povertà.

Il tutto accompagnato da filmati d’epoca e da un’orchestra, la Bachibaflax, che tra una lettura e l’altra ha deliziato il pubblico con alcuni dei brani di maggior pregio artistico tratti dalla tradizione musicale sudamericana.

C’è da augurarsi una seconda edizione dello spettacolo, magari che racconti il punto di vista di Moacir Barbosa, “l’uomo che fece piangere tutto il Brasile”, il fenomenale portiere brasiliano che non riuscì a evitare il gol di vittoria dell’Uruguay nel giorno del Maracanazo.

Nel frattempo, per qualche pillola in più sul tema vi consiglio la lettura di El fútbol a sol y sombra. Y otros escritos (1995) del giornalista e scrittore uruguaiano Eduardo Galeano. E vi lascio la playlist dello spettacolo. Buona lettura e buon ascolto.

  • Inti Sol (Manuel Silva)
  • Canción a Victor (Horacio Salinas / Jorge Coulòn)
  • Canto de las estrellas (José Seves / Moisés Chaparro)
  • Retrato em branco e preto ( Tom Jobim & Chico Buarque)
  • Soy loco por ti América (Gilberto Gil)
  • O Cu Do Mundo (Caetano Veloso)
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