“Come un bel dì di maggio che con bacio di vento e carezza di raggio si spegne in firmamento, col bacio io d’una rima, carezza di poesia, salgo l’estrema cima de l’esistenza mia.”
Come una profezia, è in un dì di maggio che debutta a Trieste l’Andrea Chénier di Umberto Giordano su libretto di Luigi Illica.
È in un dì di maggio che assistiamo al culmine di un amore che si serve della morte per diventare eterno. Ed è qui che gioca la Rivoluzione francese, in un intreccio di sogni e ideali con un traguardo comune: la libertà.
L’Andrea Chénier è un’opera retorica e solenne, spesso di difficile comprensione. C’è la volontà di disegnare la frivolezza di un’aristocrazia che si scontra con la povertà, una società che vive la tragedia ogni giorno e si ribella. La Poesia diventa un’arma tagliente e scomoda, come lo stesso amore che porterà alla deriva i due protagonisti.
1789, Castello dei Conti di Coigny.
La contessa organizza una festa. C’è Gérard, un giovane servitore, che rimugina sui suoi padroni mentre si appresta ad addobbare la serra. Nutre una sincera ammirazione solo per Maddalena, la Contessina, di cui è segretamente innamorato.
Tra gli invitati è presente anche Andrea Chénier, poeta, che incalzato da Maddalena a comporre un’egloga, esordisce con un canto d’amore alla Patria che condanna i facili costumi della società a lui contemporanea.
La festa viene però interrotta da un gruppo di mendicanti che irrompe in casa, tutti capeggiati da Gérard. Inizia la sua ribellione: getta a terra la livrea e si allontana con i poveri.
Si arriva così al 1794, è il periodo del Terrore con a capo Robespierre. Chénier scopre di essere ricercato e sorvegliato da un “Incredibile” mandato da Gérard, divenuto un rappresentate del Terrore.
L’amico Roucher cerca di convincere Chénier a scappare, ma il giovane vuole prima conoscere la mittente di numerose lettere che gli chiedono protezione (essenziale l’aiuto della serva Bersi a fare da intermediaria). I due si incontrano e la misteriosa donna è proprio Maddalena, caduta in disgrazia alla morte della madre.
Andrea e Maddalena si scoprono innamorati ma giunge improvvisamente Gérard che vuole rapire la fanciulla. Mentre lei si mette in salvo, i due si sfidano a duello. Gérard viene ferito ma, pur riconoscendo in Chénier il suo carnefice, dichiara di non conoscere il suo avversario.
La scena si sposta al Tribunale: la Francia necessita di soldati e denaro. A questo appello risponde Madelon, una vecchia cieca, che offre il suo unico sostegno, il figlio appena quindicenne.
L’incredibile costringe Gérard ad accusare Chénier, che è stato arrestato. Eppure si apre qui una riflessione del rivoluzionario che si accorge di aver mutato i suoi nobili ideali prestandosi a diventare un assassino.
Questo pensiero viene esasperato dall’arrivo di Maddalena che è disposta ad offrire il suo corpo pur di salvare la vita al suo amato. Gérard è intenerito da questa dimostrazione d’amore puro e si staglia per salvare il poeta, dicendo durante il processo di aver dichiarato il falso. Ma questo non è sufficiente e Chénier è condannato a morte.
Il quadro finale ha luogo nella Prigione di San Lazzaro. Chénier, assistito dall’amico Roucher, compone i suoi ultimi versi prima di morire. Maddalena, aiutata da Gérard, riesce ad ottenere un ultimo colloquio col suo amato e a corrompere la guardia. All’alba, quando i soldati vengono a prelevare i condannati, la giovane si sostituisce ad una prigioniera, Idia Legray, dandole il suo lasciapassare. Maddalena e Chénier vanno così verso la morte, sereni, perché “la loro morte è il trionfo dell’amore”.
L’allestimento della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste è in coproduzione con il Teatro Opera SNG di Maribor e vede la regia di Sarah Schinasi. La sua è una regia minuziosa che non lascia nulla al caso.
Dai passi di danza ai meravigliosi apporti video, tutto è coerente e si palesa un approfondito studio dell’epoca e della società in cui l’Andrea Chénier ha luogo. Le scene sono curate da William Orlandi che riesce a catturare l’anima nobile sporcata poi dalla rivoluzione.
È una scenografia corposa la sua, tra gremite librerie e capitelli corinzi, è essenziale nella contestualizzazione di questa storia, resa possibile anche dall’immenso lavoro del costumista Jesús Ruiz. Ogni stoffa trasuda lusso, ogni abito è una piccola opera d’arte. Persino gli abiti dei poveri sembrano una fotografia della Francia della Rivoluzione, anche in questo caso nessun dettaglio viene trascurato.
I personaggi in scena sono davvero numerosissimi, un grande plauso va alla coppia Kristian Benedikt (Andrea Chénier)-Svetla Vassilaeva (Maddalena) che hanno commosso con le loro voci armoniose e potenti.
È come se avessero avuto addosso un’ombra di morte dall’inizio dell’opera e negli eventi si sono scoperti prima forti, poi fragili ed infine mortali. Affascinante e seducente è stata la figura di Gérard, Devid Cecconi, un eroe nel pieno del suo dolore. Avrebbe volentieri preso il posto di Chénier alla gogna pur di sapersi amato di un amore come quello di Maddalena.
Ma è l’amore del pubblico ad assalirlo a fine spettacolo, segno dell’eccellente prestazione, dove l’anima di un irrequieto rivoluzionario si scioglie in quella di un uomo colmo di commozione. Cristallina e toccante la voce di Isabel De Paoli (Madelon) e limpida ma al tempo stesso possente quella di Saverio Pugliese (L’Incredibile). Insieme a loro ci sono Anna Evtekhova (La Contessa di Coigny), Albane Carrère (La Mulatta Bersi), Francesco Musinu (Roucher), Gianni Giuga (Fléville), Giuliano Pelizon (Schmidt), Giovanni Palumbo (Fouquier Tinville) e Francesco Paccorini (Dumas), personaggi magari secondari ma che hanno dato grande prova di passione e intensità.
A dirigere, il Maestro Fabrizio Maria Carminati, una garanzia di qualità ed umiltà. A supporto dell’esemplare orchestra che con disinvoltura ha fatto vivere le meravigliose composizioni di Giordano, c’è il coro diretto dal Maestro Francesca Tosi. Coro diretto magistralmente che è riuscito a supportare i momenti di maggiore intensità destreggiandosi in una partitura complessa e coraggiosa.
È sicuramente un allestimento dell’Andrea Chénier che dona giustizia a quest’opera di nicchia e sarà in scena fino al 26 maggio al Teatro Verdi di Trieste, non perdetelo!