La cornice è stata il Libri & Bar Pallotta, affacciato sul famoso Ponte Milvio, dove tra ragazzi che facevano l’aperitivo e turisti che alzavano lo sguardo preoccupato alle nuvole cariche di pioggia, si è tenuto un incontro dal titolo Il romanzo dei destini incrociati. Il Libri & Bar sorge sotto fronde selvagge di alberi e accoglie i propri clienti con una targa che annuncia la totale assenza di segnale wi-fi e l’invito a parlare, a confrontarsi, a conoscersi come esseri umani. Tra il banco del Bar e quello della tabaccheria, poi, si apre un piccolo corridoio, dove a fargli da ali ci sono scaffali ricolmi di libri, dalle ultime uscite a – soprattutto – proposte del mondo editoriale indipendente.
Superato questo piccolo passatoio si arriva infine ad una piccola sala, colma di sedia e piena di persone in piedi, tutte intente ad ascoltare. L’occasione dell’incontro è data dalla volontà di dialogare su due romanzi d’esordio: Quello che resta di Emanuela Amici e Il giorno di cui non si parla di Nikita Placco. Il primo è un romanzo che si sofferma a riflettere sul complicato quanto fragile rapporto tra due sorelle che sembrano essere all’opposto l’una dall’altra. Il secondo, invece, è un romanzo che segue gli incontri/scontri della vita, un romanzo che pone il proprio protagonista sulla via di un percorso accidentato reso burrascoso da un segreto e dalla presenza della sua stessa famiglia. Due voci, una maschile e una femminile, che per il loro debutto in ambito editoriale cercano di sbrogliare la matassa di uno degli argomenti più difficili da trattare: quello dei rapporti umani, della famiglia, dell’amore. Perché è indubbio che noi tutti siamo il risultato delle persone che abbiamo nella nostra vita, quei destini incrociati, appunto, che si intrecciano ai filamenti della nostra esistenza.
L’incontro è stato moderato dal giornalista Giommaria Monti e la sociologa e consulente familiare Chiara Narracci. Perché era proprio la famiglia, questo concetto archetipo a cui noi tutti ci aggrappiamo, ad essere il vero fulcro narrativo dell’incontro, il fil rouge che ha aperto le porte a molti spunti e riflessioni, ad inviti a guardare al di là delle pagine del romanzo per cercare una sorta di empatia, di capacità di comprendere la verità che gli scrittori avevano inseguito nei loro lavori.
È proprio Emanuela Amici a parlarne, a raccontare come noi tutti non siamo altro che il risultato delle famiglie che ci hanno plasmato, dei ricordi a cui non possiamo accedere ma che ci vengono raccontati come aneddoti che sono alla base della nostra persona. Ricordi nei quali, a volte, si può nascondere un segreto e/o un dubbio che ci impediscono di raggiungere la costruzione di una nostra identità, come le due protagoniste del suo romanzo.
L’elemento che più di tutti ha caratterizzato l’incontro coi due autori è stato, comunque, la volontà di non volersi limitare a promuovere il proprio romanzo d’esordio. L’intento di creare una rete connettiva con il proprio pubblico, il desiderio di spingere i lettori a raccontarsi e a condividere è stato quello che, più di tutti, ha reso l’incontro interessante e innovativo.