Donizetti rivive in un allestimento che avvicina all’Opera grandi e piccini, appassionati e non.

È Botero a fare da trait-d’union attraverso la scelta registica di Victor García Sierra  che catapulta la realtà contadina in un variopinto circo ricco di strambe figure.

L’Elisir d’amore è certamente tra i titoli più noti delle stagioni liriche mondiali, un’opera atipica che negli anni si è riservata un posto d’onore nel cuore degli spettatori. È un “melodramma giocoso” incastonato di elementi che vanno dall’operetta al teatro leggero.

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Manca una vera e propria caratterizzazione psicologica dei personaggi ma il gioco è talmente farsesco che è l’intreccio a incantare il pubblico. Musiche suggestive quelle di Donizetti e pura poesia il libretto di Romani: elementi che quasi duecento anni dopo ne sanciscono il grande successo e ci permettono di applaudire magnifiche voci da ogni dove.

La storia

L’intera vicenda ruota attorno alla vezzosa Adina che arriva leggendo la storia di Tristano e Isotta. Amor sbocciato grazie a un fantomatico elisir “di sì perfetta, di sì rara qualità”. Tra gli ammiratori di Adina c’è Nemorino, un ragazzotto puro che invano tenta di conquistare il cuore della bella. Viene scavalcato da Belcore, sergente di guarnigione nel paese.

Adina è ben cosciente dell’amore del povero Nemorino ma lo esorta a vivere allegramente, senza stringere legami amorosi (“Per guarir da tal pazzia, ché è pazzia l’amor costante, dèi seguir l’usanza mia, ogni dì cambiar d’amante. Come chiodo schiaccia chiodo, così amor schiaccia amor. In tal guisa io rido e godo , in tal guisa ho sciolto il cor.”).

In città giunge così il Dottor Dulcamara, un ciarlatano che si riempie di belle parole e che promette un rimedio miracoloso per qualsiasi malanno. Nemorino allora investe ogni suo avere per quell’Elisir d’amore cantato da Adina, proprio lo stesso di Tristano e Isotta. Ma quell’elisir altro non è che liquore e il timido giovane inizia con euforia a ridere e cantare destando i sospetti di Adina che lo vorrebbe a struggersi per lei. Per pura ripicca quindi acconsente al matrimonio col sergente ma al banchetto nunziale Nemorino non c’è, la sua vendetta è così nulla.

In realtà il disgraziato è ancora una volta dal Dottore per chiedere un rimedio efficace ma ahimè non ha danaro e pur di aver l’amore di Adina si arruola per guadagnare i venti scudi sufficienti per l’acquisto di altro elisir. Non sa che lo zio è morto e per lui è l’ingente eredità messa da parte. Lo sa bene invece la villanella Giannetta che diffonde la voce in tutto il paese. Nemorino è ricco, tutte lo vogliono. Si illude così che l’elisir abbia funzionato!

Adina nel frattempo viene a conoscenza dell’atto d’amore più grande: Nemorino ha venduto la sua libertà per venti scudi. È così che si scopre innamorata di quel ragazzo e Nemorino scorge la “furtiva lagrima” negli occhi di lei, sopraffatta dai sentimenti. Adina ricompra da Belcore l’atto di arruolamento: Nemorino può amare, è libero (e pure ricco!). Il sergente viene piantato in asso e al Dottore è garantita lunga fama per aver reso possibile questo miracolo d’amore.

Come si inserisce Botero in tutto ciò?

Semplice, ogni personaggio dona la vita a un quadro. Lavoro reso possibile soprattutto grazie agli onirici costumi di Marco Guion, alle scene del già citato regista e al saggio uso delle luci da parte di Stefano Gorreri. L’atmosfera festosa viene esaltata attraverso i colori e non mancano trapezisti, acrobati e trampolieri professionisti che ci catapultano nel Circo di Botero, una realtà alternativa che non cozza minimamente con ciò che L’Elisir è per tradizione.

Gli interpreti sono stati uno più bravo dell’altro. Da apprezzare lo sfruttamento a pieno dalla scena, protagonisti in movimento che nonostante ciò mantengono il belcanto. Adina, ovvero Claudia Pavone, ha una voce calda che sicura scala verso note acutissime. Anche la sua recitazione è a punto, un vero piacere per occhi e orecchie.

Nemorino è interpretato da Francesco Castoro che è un tenore lirico dai tratti leggeri e che goffo (giustamente) rivive in scena il disagio del suo amore. Spropositamente coinvolgente e comico è Bruno De Simone, il Dottor Dulcamara, che attraverso il suo sillabare incarna a perfezione l’opera buffa. Maestoso è invece Leon Kim, Belcore, impeccabile in ogni fraseggio, in ogni agilità.

Non per ultima abbiamo Rinako Hara, Giannetta, che si staglia subito dal coro con una voce sicura ed espressiva. Ed è proprio al coro che va il grande plauso per questa rappresentazione: dinamico, ironico e decisamente fondamentale nella contestualizzazione paesana dell’opera.

L’Elisir d’amore sarà in scena al Teatro Verdi di Trieste fino al 23 marzo ed è davvero uno degli allestimenti più entusiasmanti visto in questi ultimi anni. Ne uscirete soddisfatti e gioiosi!
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