La Poesia diventa Teatro, la Vita diventa Morte e la Bellezza resta perpetua. I Sonetti di Shakespeare danno così vita a un monologo che oscilla tra l’elegiaco e l’osceno, Conforto e Dannazione, dicotomia di ciò che da sempre è Amore.
La scena è resa da un gioco di specchi che avvolge il pubblico, facendo cogliere ogni minimo dettaglio. I fasci di luce così si irradiano rendendo il dualismo tra luce e ombra ancora più palpabile.
A spettacolo non ancora iniziato c’è S., Elena Serra, che nei panni del Bardo dell’Avon sfoglia un vecchio libro, ne penetra l’anima, bisbiglia e scruta. E lo farà per tutto il corso della rappresentazione.
Giunge allora il Buffone ed Io Narrante, Valter Malosti (interprete e regista), che in uno sfavillante abito di paillettes cerca di ingraziarsi il pubblico come in un tv show, risate registrate comprese. Eppure parla di un amore illogico, sfrenato, indecente. Presta la voce a quei tanto dibattuti Sonetti e ne dà luce nuova. La luce di quel fair young, Marcello Spinetta. Giovane, biondo, dai toni pallidi.
È terribilmente bello, ma si nega.
È fatto così, capriccioso e volubile, “ruba l’anima alle donne e il cuore agli uomini“. Il Pagliaccio gli dedica i versi più sensuali, brama il suo corpo che non vuole finisca svilito dal Tempo. Crede nella potenza edificante dei suoi versi: “L’odore di qualcosa ferisce sempre più della sua immagine. Così quando anche la tua morale puzzerà, i miei versi la riprofumeranno”.
Dall’altro lato c’è la dark lady, Michela Lucenti. Funerea, si veste e sveste in una danza infernale che la trova nuda come Eva, a mangiare una mela. La si può udire con gli occhi mentre entra nella voragine più oscura. Questa donna canta con una voce possente, rendendo ogni intermezzo musicale un quadro di commozione.
Ma quel giovane ragazzo incontra un poeta rivale, Maurizio Camilli, che si scontra in un corpo a corpo sempre più spinto, dove il confine tra lotta violenta e atto amoroso è labile. Sono nudi, anche loro. “L’ha avuto come un sogno passeggero”, da un gesto di pace si scatena nuovamente la tempesta, bianco e nero.
Se oggi assistiamo a questo spettacolo è perché la profezia di Shakespeare si è avverata, è immortale lui come poeta e immortali sono i suoi amori.
“Il tuo monumento saranno i miei versi
Che occhi non ancor creati leggeranno
E lingue future diranno per te
Quando chi oggi respira sarà polvere
Tu rivivrai -tale forza ha il mio verso-
Nel vivo respiro che soffia parole
Dalle bocche degli uomini futuri”
Shakespeare/Sonetti sarà in scena fino al 10 marzo alla Sala Bartoli del Politeama Rossetti di Trieste, dedicatevi un’ora di pura poesia!