Questo è il dilemma! Dopo la consegna degli Oscar (apro parentesi: ieri ho visto Green Book. Per quanto abbia amato Malek nelle vesti di Freddie Mercury, l’oscar al migliore interprete maschile avrebbe dovuto prenderlo Viggo Mortensen per la superba interpretazione di Tony Lip, l’italoamericano che diventa suo malgrado autista del musicista di colore Don Shirley. Già solo per il fatto che un danese abbia interpretato un italo americano grasso e spaccone – ma dal cuore immenso), Steven Spielberg ha scatenato la polemica sulla partecipazione dei film prodotti da Netflix e distribuiti sulla sua stessa piattaforma.
ha tuonato il potente regista americano, forse non molto d’accordo nel verdetto su alcuni premi dati al film Netflix “Roma”.
Ha ragione? Non ha ragione? Ha ragione in parte? Il cinema è aggregante si sa. Ma alla fine ognuno lo vede per i fatti suoi. Anzi. Se uno spettatore parla o commenta viene subito additato dagli altri in sala.
Vero invece che vedere un film in una sala su schermo magari ipertecnologico, con volume adeguato, è molto più coinvolgente che vederlo su uno schermo di 7 pollici. Vero è che molti film che poi vengono proposti anche solo in Tv perdono il loro effetto perché scene che prevedono campi lunghi o lunghissimi sul piccolo schermo (ok ok ci sono schermi tv enormi oramai, ma diciamo che l’utente medio ha un 50” al massimo e forse sto anche esagerando) non rendono per niente, anzi, schiacciano tutto il prodotto.
Ma è vero anche che non tutto quello che viene prodotto per il grande schermo sia un capolavoro. E piccoli capolavori ultimamente sono stati prodotti da Netflix come il pluripremiato “Roma” o come “Sulla mia pelle”, la drammatica storia di Stefano Cucchi.
Nonostante il prezzo del biglietto per una sala cinematografica sia ancora abbordabile (a differenza dei costi dei biglietti teatrali o dei concerti – ma lungi da me innescare polemiche), l’abbonamento a Netflix permette di vedere un film, qui parliamo solo di film non di serie, in qualsiasi momento, con chiunque. Permette di rivederlo tutte le volte che vuoi sempre allo stesso prezzo.
Permette di fruire di certi titoli a chi non si può muovere, a chi non ha la possibilità di raggiungere le sale cinematografiche. E le tecniche utilizzate sono per schermi di piccole, medie dimensioni. Non usa gli stessi mezzi per le grandi pellicole, ma usa mezzi per rendere le sue produzioni ugualmente spettacolari.
Poi, certo, come le produzioni per il grande schermo, non tutti sono dei capolavori. Ma magari, come per molte produzioni per il grande schermo, alcuni titoli sono più leggeri per un altro tipo di pubblico che cerca semplicemente la distrazione. Come l’ultimo proposto da Netflix “Non è romantico?”, commediola leggera leggera, una parodia sui film romantici a lieto fine dove i protagonisti sono tutti bellissimi.
Ma in questo la protagonista è un architetto ipercurvy che per un forte colpo alla testa si risveglia in un mondo romantico, dove tutto è perfetto e dove viene abbordata dal cliente strafigo e straricco (Liam Hemsworth) dello studio di architettura per cui lavora, lo stesso che nella sua realtà la snobba scambiandola per la segretaria che porta i caffè.
Credo che nell’era dell’ipertecnologia, dell’iperconnessione, dell’iper…tutto, i due mondi possano convivere e a vicenda, si possano anche influenzare.