È il Teatro Porta Portese ad accogliere la tappa romana del lungo tour de L’angelo della valigia. Il testo scritto e diretto da Sergio Mercurio che arriva direttamente dall’Argentina e selezionato nei più prestigiosi festival teatrali, interpretato da Severo Callaci con la produzione di Agustina Toia. Un lavoro che, dopo una lunga tournée in Italia e in Svizzera, sarà in scena nella Capitale il 28 febbraio.
Uno spettacolo istrionico dove la magia del teatro permette all’attore una continua evoluzione di personaggi. Un insieme di gesti e parole, un mix di psicologia e ideologia che porta per mano lo spettatore nelle sue emozioni più profonde, fino alla risata fragorosa dettata da un sottile umorismo.
Abbiamo intervistato Agustina Toia e Severo Callaci
Da dove nasce l’esigenza di portare in scena questo testo?
Il testo nasce dalla profonda necessità di poter versare nella nostra arte uno stato di coscienza. La sfida è poter parlare di una tematica universale e poetica ma in un piano quotidiano, terrestre. Cioè, poter parlare di cose profonde ma che alle volte non tutti possano capire. Questo spettacolo è frutto di più di sette anni di lavoro tra Severo Callaci e Sergio Mercurio in residenza. Ispirato alla filosofia di Baruch Spinoza e agli universi dello scrittore argentino Jorge Luis Borges.
Uno spettacolo che vi ha dato tante soddisfazioni? Siete in tournèe e avete già messo in scena lo spettacolo in molte città.
Siamo in tournée dal 19 gennaio e fino al 25 marzo 2019. Infatti l’idea di portarlo all’estero è nata dalla grande soddisfazione che ci ha dato lo spettacolo in Argentina. Diverse stagioni nella città di Rosario (da dove veniamo), Buenos Aires, Corrientes, etc.
Questo è il nostro mestiere e crediamo in una forma di lavoro che peregrina con un messaggio da diffondere nel mondo. Ci piace molto viaggiare, conoscere le diverse culture e condividere il Teatro che noi facciamo. In questo caso la tournée ha un obiettivo particolare: ritrovare le radici dei nostri antenati.
Chi è Ezequiel Sanguinetti. E quanto ti somiglia?
Ezequiel Sanguinetti è una persona normale, che lavora in strada. L’unico mondo che sente come reale è quello che vede, fatto di piccoli azioni, gesti, situazioni. Lui è pieno di un’innocenza molto forte e sana, che ha a che vedere con la semplicità di come vive le cose. Per lui non ci sono seconde intenzioni, cioè, non gli piace quello che non comprende, la complessità delle cose e dei rapporti. Crede in una forma diretta e aperta di rapportarsi con il mondo che gli sta intorno. L’unica cosa che lui ha con sé è la sua valigia ma dentro la sua valigia c’è il suo universo.
Penso che questo personaggio mi somigli nel modo di concepire la vita: viverla come una grande esperienza empirica senza regole. Costruisce i propri sistemi di credenze, cercando di vivere con libertà, senza pregiudizi e senza violenza.
Per me è stato sempre così.
“Facciamo questo lavoro nel nostro tempo, dove il superfluo, l’intangibile e l’incomprensibile ci inseguono”. Affermi questo nelle note stampa. Il teatro invece serve a rendere tutto meno superfluo?
Si, per noi il Teatro è un vero strumento di trasformazione sociale e umana, è il nostro modo di comunicare con il mondo e con noi stessi.
Pensiamo che qualunque azione o decisione che uno prenda per aumentare la potenza della propria vita, impatti direttamente nelle vite di chi ci sta accanto. Come un’onda anche nell’universo, proponendo in questo modo un tessuto sociale diverso. Noi crediamo profondamente in questo modo di fare Teatro, dove si propone un vero incontro con gli spettatori, dove quello che vedi e ascolti, ti fa pensare, sentire, emozionare.
È una chiamata all’unione.
Quali sono i progetti futuri della compagnia?
Quest’anno lo spettacolo “L’Angelo della Valigia” è stato selezionato in diversi Festival Internazionali: International Festival THEATERWELTEN 2019 in Rudolstadt (Germania) e il Spots op West Festival in Heuvelland (Belgio). Questo è un’anno molto movimentato per la compagnia, di lavoro tra l’Europa e l’America Latina. Ad agosto è stato selezionato nel 5º Festival Internacional de Teatro a Escenabierta di Guanajuato (Messico), da cui partirà una tournée che proseguirà per il Guatemala ed il Centro America.
In parallelo stiamo lavorando alla creazione di un nuovo spettacolo dedicato al universo della donna e alla sua lotta nella storia.
Siete reduci da una tournèe in Italia e in Svizzera. Come ha reagito il pubblico nelle diverse nazioni?
Il nostro è un Teatro popolare che non ha difficoltà a comunicare alle persone. Lo spettacolo ha un messaggio universale, la gente si sente avvolta dalla storia, si identifica con le emozioni che si mettono in gioco.
Sopratutto rimangono sorpresi nel vedere creare in scena una storia con solo una valigia, un bastone, due tessuti e un attore che rappresenta, con il suo corpo e la sua voce, 10 personaggi diversi. Per noi è una sensazione molto forte e bella che ha a che vedere con il modo di concepire il nostro mestiere teatrale: quella energia che noi condividiamo alimenta e guida la nostra strada.