ENRICO LO VERSO
in
UNO NESSUNO E CENTOMILA
di Luigi Pirandello
adattamento e regia Alessandra Pizzi
dal 5 al 10 febbraio 2019
TEATRO GHIONE
via delle Fornaci – 37
IL CORAGGIO DI GUARDARE SOLO LE CENTOMILA VERITÀ
Dal 5 al 10 Febbraio va in scena presso il teatro Ghione UNO NESSUNO E CENTOMILA con Enrico Lo Verso per la regia di Alessandra Pizzi.
Vitangelo Moscarda decide di mettere in discussione la propria vita a partire da un piccolo dettaglio, apparentemente, insignificante: l’osservazione di un particolare fisico. Il protagonista, scopre dalla moglie di avere il naso storto, un dettaglio di sé stesso che egli non aveva mai notato. Questa piccola coincidenza innesca un vortice di ragionamenti che lo portano, attraverso vari esperimenti, alla consapevolezza di non essere per gli altri come egli è per sé stesso.
La paura di non essere normali, di essere anticonvenzionali, di non appartenere al modello imposto dai canoni della società diventa un punto forte per il protagonista il quale ne approfitta per isolarsi e pretendere di non guardarsi allo specchio per vedere il riflesso di ciò che prima gli veniva mostrato.
Gengé ha necessità di rinascere sotto vere spoglie, quelle della sua natura, quella della sua essenza, senza lacci, senza costrizioni, senza dettami provenienti da un passato dettato da un cognome troppo forte (quello paterno) o da un matrimonio troppo stretto.
“Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data”
Gengè vuole abbracciare e scoprire se stesso. Come un vaso rotto da questa necessità usciranno altre centomila voci, altri diversi punti di vista su ulteriori persone che gravitano intorno alla sua persona. Si aprono gli occhi su ciò che non era riuscito a vedere, su ciò che appannava la sua vista.
«Perché guardi così?» E nessuno pensa che tutti dovremmo guardare sempre così, ciascuno con gli occhi pieni dell’orrore della propria solitudine senza scampo.
Gengè è un po’ come un Emile di Zola, un bambino che si riabitua a vivere secondo natura, ascoltando le proprie voci, i propri istinti, anche quelli che possono nuocere solo per il bene di andare avanti, per una legge che ha a che fare con la natura e non con quella di un mondo preconfezionato.
La regia di Alessandra Pizzi ha abbracciato in maniera magistrale con semplicità, autenticità ed eleganza, senza troppi orpelli, l’intento di Pirandello/Vitangelo Moscarda in quello che è stato uno degli ultimi capolavori del drammaturgo, scrittore e poeta siciliano, una sorta di testamento per noi, generazione che è continuamente si trova a fuggire dalle proprie solitudini.
Enrico Lo Verso abbraccia con tenerezza e amore il personaggio tanto da non capire più quale sia la soglia della rappresentazione teatrale e quella appartenente all’attore. È come se il performer decidesse di divertirsi con la vera maschera propostagli per stare in scena e si sentisse a proprio agio esattamente così, nella totale certezza che non esiste una verità dell’essere umano, ma mille, come mille sono i dubbi, belli, anche quelli da vivere e accettare. Non c’è un unico senso della vita dietro a cui correre.
Il senso lo fa l’essere umano costruendone centomila o forse nessuno.
Si diverte LoVerso, e allo stesso tempo commuove tenendo un registro ritmico alto e cantilenante allo stesso tempo con accento siculo. Il suo “troppo” gesticolare riporta al cunto sicilaino, nei momenti in cui i lavoratori a mezzogiorno si fermavano e per distrarsi dalle fatiche si lasciavano ammaliare dalle feste eroiche di una chanson de geste e le braccia disegnavano in aria sembianza di persone, di paesaggi, di sentimenti.