Per la regia di Patrizio Cigliano, fino al 15 febbraio va in scena, al teatro Tordinona di Roma, Cantigola, di e con Rossana Colace, talentuosa attrice calabrese che, negli anni, ha affrontato una lunga gavetta artistica durante la quale ha sviluppato le proprie capacità in modo da poter ricoprire ogni ruolo possibile.
I frutti di questo impegno possono essere visti in ogni parte di Cantigola che, nato come monologo, riesce a trasportare tutto il pubblico nella terra natia di Rossana così da poter rivivere tutti assieme le quasi comiche tradizioni di un paesino calabrese, la goffa adolescenza dell’attrice ma, soprattutto, le difficoltà di vivere in un luogo con al consapevolezza di trovarsi in una società dominata perlopiù dall’omertà e dal silenzio di fronte a molte tragedie.
Tragedie che sfortunatamente si abbattono sull’innocente famiglia Colace che, sebbene voglia in ogni modo restare fuori dal circolo vizioso che sembra governare il resto del paese, si vede trascinata in un mondo di cui non avrebbero mai voluto fare parte.
Le emozioni e i ricordi legati ad una vita così distante fluiscono all’interno degli spettatori attraverso le parole, i movimenti ed il ritmo eccezionali della Colace in un connubio eccezionale tra momenti comici e momenti di riflessione. Momenti che si alternano in modo così perfetto da superare il palcoscenico e la scenografia creando, invece, l’illusione di trovarsi nei luoghi descritti dall’attrice e di star vivendo, in prima persona, i fatti raccontati.
Illusione dalla quale ci si riesce a svegliare soltanto alla fine dello spettacolo che, sebbene lasci con l’amaro in bocca e con il desiderio di saperne di più, arriva in modo naturale allo spettatore con la sua delicatezza e semplicità.
Sogni, speranze, delusioni e disagi di un’intera vita vengono quindi raccontati sul palcoscenico del teatro Tordinona attraverso la perfetta sceneggiatura di Cantigola e l’eccezionale interpretazione di Rossana Colace che consigliamo a tutti di non perdere.
Ma scopriamo cosa ci dice la protagonista stessa sullo spettacolo.
Come è nata l’idea di questo spettacolo?
Non ho mai voluto scrivere di proposito uno spettacolo. Da giorni avevo in testa la canzoncina che ho cantato alla Prima Comunione. Non so bene il motivo, ma mi ronzava in testa da un po’ questo motivetto: “Io ti amo silenzioso Dio”. MI mi sono detta: “Cavolo non l’ ho mai dimenticata!” e da li mi sono messa a scrivere più che altro per fare una pagina di diario sui ricordi della mia adolescenza e, veramente, cosi per magia, le pagine sono diventate 50. Mi sembrava un copione, non un diario.
Chi è Cantigola?
Una ragazzina ribelle di 14 anni piena di sogni, di bollori nel sangue che lotta per la libertà che ancora oggi si fa fatica ad avere proprio nei posti in cui è ambientata la storia. Parlo di libertà di parola e di pensiero che in una Calabria degli anni Novanta era difficile avere.
Sembra una storia autobiografica. Quanto vissuto personale c’è nel racconto?
Purtroppo c’è tanta parte di verità. Ovviamente abbiamo cercato di romanzare in termini teatrali i fatti realmente accaduti. Parlo al plurale perché un grandissimo aiuto, nella parte drammaturgica, l’ho avuta dal regista dello spettacolo Patrizio Cigliano.
La regia è affidata a Patrizio Cigliano. Cosa dobbiamo aspettarci dalla sua direzione?
Patrizio ha sposato da subito il testo offrendosi di dirigerlo. Ne sono stata felice. Gli spettacoli di Cigliano hanno un marchio, sono blindati nei tempi e la sua regia ha certamente valorizzato il testo rendendolo fruibile.
Poi Patrizio ha un grande valore: è un regista che dà veramente anima e corpo, lavora molto sulla parola, sull’importanza della musicalità che deve avere una battuta. Insomma è stato per me il direttore d’orchestra di Cantigola.
Cantigola , un nome che ricorda una tragedia greca. E’ di questo che parla il tuo spettacolo? O nasconde un’altra storia? Ce ne parli?
CANTIGOLA si intreccia con la storia di Antigone di Sofocle perché anche lei rivendica ad un certo punto del racconto il cadavere del fratello morto. Lo spettacolo è un monologo performativo. attraverso la storia di questa ragazzina di 14 anni incontriamo vari personaggi: la mamma, il papà, il mafioso, il fratello. Personaggi che, attraverso la sua voce, continuano a narrare il dramma di una famiglia colpita dalla Ndrangheta degli anni Novanta.
Sei anche una cantante. Come ti trovi nelle vesti di attrice in parte anche “drammatica”?
Io credo che un attrice deve essere tutto, deve far ridere, essere autoironica, deve far piangere, insomma deve raggiungere il settimo senso, quello che hanno i cavalieri dello zodiaco
Quanto è stato importate il supporto di Patrizio Cigliano alla regia?
È stato fondamentale, ha lavorato su ogni singola battuta per tenere un ritmo serrato, ma è stato anche il mio primo fan dopo aver letto il testo quindi anche moralmente ha rappresentato un sostegno.
Cosa speri che lasci allo spettatore?
La voglia di non avere paura, di dire quello che si pensa. La voglia di volare, di credere nei propri sogni. A me ha dato questa forza, sembrano cose banali ma sono veramente difficili da poterli realizzare.
Vorrei tanto far arrivare che a volte basta un po’ di coraggio per dare inizio affinché le cose possano cambiare. Io l’ ho fatto!