Dal 29 gennaio al 3 febbraio 2019 si svolgerà a Roma “Uno Sguardo Raro”, il Festival di cinema internazionale sul tema delle malattie rare, presso l’Istituto Roberto Rossellini e la Casa del Cinema di Roma.
800 i lavori presentati al bando, provenienti da 83 Paesi; i vincitori, selezionati da una giuria presieduta da Gianmarco Tognazzi, saranno proiettati alla Casa del Cinema il 2 febbraio.
Il progetto, nato dall’incontro di Claudia Crisafio, attrice e autrice, e Serena Bartezzati, malata rara e professionista nell’ambito della comunicazione, ed organizzato dall’associazione “Nove Produzioni”, raccoglie a livello nazionale e internazionale la miglior produzione di corti, documentari, film di animazione e lungometraggi a tema malattie rare, con l’obiettivo di raccontare cosa significa vivere in modo diverso e stimolare registri di comunicazione innovativi e ad alto impatto emotivo per narrare la comunità dei rari.
Per l’occasione, abbiamo intervistato Claudia Crisafio, una delle due fondatrici.
Allora Claudia, cosa puoi dirci sull’origine de “Uno Sguardo Raro” e sul tuo incontro con Serena?
Ho incontrato Serena quando ancora lavorava per la Federazione Italiana Malattie Rare. Al tempo avevo girato un cortometraggio dedicato proprio a questo argomento quindi Serena si attivò per darmi il patrocinio.
Il cortometraggio andò molto bene ed ottenne anche alcuni premi. Quando nel 2016 cercai di farlo proiettare alla Casa del Cinema di Roma, in occasione della Giornata Mondiale per le Malattie Rare, venne l’idea di rendere il tutto una specie di “mini-rassegna” aggiungendo, oltre al mio corto, le opere di altri registi sullo stesso tema.
La cosa piacque moltissimo e in poco tempo, grazie soprattutto alle associazioni e agli enti che ci hanno supportato con il loro entusiasmo, riuscimmo a trasformare l’evento nel Festival di cinema internazionale “Uno sguardo raro“.
A dir poco impressionante! Qual è stato il segreto per arrivare ad un risultato simile?
Sarò sincera. Per come la vedo io, è stata una magia.
Scherzi a parte, credo che un elemento fondamentale sia stata la dedizione e l’impegno che abbiamo messo io e Serena nel progetto. Entrambe siamo molto precise e dedichiamo anima e corpo al nostro lavoro.
Inoltre siamo riuscite fin da subito ad organizzarci per il lavoro sfruttando appieno le nostre conoscenze e abilità.
Prima abbiamo visionato tutto il materiale audio–visivo che girava per le associazioni sull’argomento, dopodiché abbiamo contattato tutti quegli operatori nel cinema che potevano essere interessati al nostro Festival. Grazie a questo modo di lavorare non solo abbiamo permesso ad “Uno Sguardo Raro” di crescere ma siamo entrate in contatto con delle persone eccezionali con cui poi abbiamo continuato a collaborare.
E siete rimaste stupite di quanto velocemente sia cresciuta la vostra “creatura”?
Beh quando l’anno scorso abbiamo ricevuto, grazie all’aver pubblicato un bando mesi prima del Festival, oltre 1000 opere audiovisive dedicate alle malattie rare, abbiamo realizzato quanto fosse importante il nostro lavoro per un argomento che, evidentemente, non riusciva a trovare un luogo dove poter parlare di sé.
Deve essere stata una bella soddisfazione un simile riscontro.
Un’enorme soddisfazione. Vedere una simile varietà artistica nel parlare dello stesso argomento ti fa capire quanto si sentisse il bisogno di esprimersi su quel tema. Specie perché, nei lavori che ci arrivano, non tutti parlano delle malattie rare in modo pessimistico o come se fosse la fine della propria vita.
Molti riescono a guardare l’argomento da un punto di vista così incredibilmente originale e stupefacente da lasciare a bocca aperta me, la giuria ma, soprattutto, tutti coloro che pensavano che avere una malattia rara fosse sinonimo solo di dolore e sofferenza.
Pensi che in futuro i lavori continueranno a stupirti allo stesso modo? E parlando di futuro, cosa vedi in quello de “Uno Sguardo Raro”?
Sono certa che i lavori continueranno a stupirmi. Ogni volta che pensi di aver visto tutto quello che si può dire su un argomento, ecco che arriva l’opera che ti smentisce.
Per quanto riguarda il futuro del Festival, vorremmo portarlo ad un livello sempre più internazionale, magari riuscendo anche a distribuire le opere che partecipano in modo da farle conoscere ad un pubblico sempre più ampio, cosa che in parte abbiamo già realizzato quest’anno grazie al sostengo e patrocinio del Ministero degli Affari Esteri.
Un altro obiettivo è invece quello di coinvolgere sempre di più i giovani che non solo rappresentano il nostro futuro ma sono sempre in grado di offrire un punto di vista originale.