“La nuova rivoluzione avrà luogo non nel mondo esterno ma nella nostra carne”
Nel primo volume del “Giornale notturno” (Editore Cronopio nella collana “Tessere”,2013, traduzione di Franco Paris, pagine 224) troviamo le installazioni, i disegni, le sculture, il teatro, i film e le performance di Jan Fabre che fanno da tempo il giro del mondo.
Il primo volume
Ma il “Giornale notturno”, scritto tra il 1978 e il1984, ci consegna l’autoritratto di un ventenne, insonne e in rivolta, mosso da un’irresistibile volontà di creare, di mettere in scena e di sperimentare in ogni direzione, che ha deciso di diventare un grande artista contro il conformismo e la meschinità che incontra nel mondo.
Negli spostamenti da Anversa a Parigi, da New York a Napoli, da Amsterdam a Venezia, per citare solo alcune delle città di questo giornale, Fabre è anche alla ricerca di compagni di lotta per l’espressione.
E la notte sembra essere il momento più propizio,più lacerante e perciò più furiosamente creativo, ora tempo di meditazione, ora letteralmente di “sanguinamento”, per restare fedeli, al di là di ogni tabù,con ogni zona del corpo, alla volontà di affermazione, di eccesso, di danza edi guerra per la bellezza.
Il secondo volume
Nel secondo volume (Editore Cronopio nella collana “Tessere”, 2016, traduzione di Franco Paris, pagine 326) Jan Fabre insiste nel combattere una battaglia, ora meditativa ora furente, senza compromessi, per la bellezza.
L’arte qui è davvero la misura di tutte le cose. Una misura che è nello stesso tempo ebbrezza dell’immaginazione, trionfo della pulsione e necessità della disciplina. Questo impasto di scatenamento e disciplina sembra manifestarsi specialmente nei modi della danza cui Fabre chiama implacabile i suoi“guerrieri della bellezza” e se stesso come disegnatore che ha innanzitutto dafar “danzare” i polsi.
Artista insonne, che vive la notte in tutta la sua elettrizzante e sessuale intensità, spirito sempre vigile, Fabre non smette di interrogarsi sul rapporto tra arte ed eccitazione.
In lui, come scrive, vivono diversi“capitribù”, diverse sembianze e gesti artistici, che lo tengono sveglio con il ritmo di un “caprone” che crea e di un dio che distrugge. Ma questa creazione-distruzione ha bisogno di precisione e rigore. “Disciplina: dà ai danzatori un senso di libertà. Disciplina: studia, decompone e de costruisce. Disciplina: meccanica del potere auto imposto. Disciplina: celebra la forza del corpo e sublima l’anatomia”.