Qualche giorno fa l’autorevole sito di entertainment “Hollywood Reporter” scriveva che il film “A Star is Born” con Lady Gaga e Bradley Cooper, è stato un grande successo al botteghino americano (178 milioni di dollari di incasso dopo sei settimane di uscita nelle sale) mentre nel resto del mondo è praticamente risultato un flop (144 milioni di dollari, il 45% dell’incasso totale), quando abitualmente un film incassa il 60% del totale nel resto del mondo.
“Bohemian Rhapsody”, la biografia di Freddy Mercury e dei Queen, ha invece incassato a tre settimane dall’uscita nelle sale americane 100 milioni di dollari e 185 milioni nel resto del mondo (ma in alcune nazioni non è ancora uscito, come da noi che sarà nelle sale il prossimo 29 novembre).
Questo mi da lo spunto per riflettere su come il pubblico accoglie i film a tema musicale, a sfondo musicale, o che hanno a che fare con la musica.
Si perché “A star is born” non è un film musicale, ma è un film intanto d’amore, un film sul mondo del music business dove la musica non è la protagonista ma è, diciamo “l’attore non protagonista”, elemento essenziale, ma non fondamentale. Dove la protagonista è una cantante vera. Un po’ per certi versi come fu “Bodyguard”, se voglio trovare un paragone (paragone che fa anche Hollywood reporter),
Ma anche “Bohemian Rhapsody” non è un film musicale, ma una biografia, un racconto sulla storia della band inglese e del suo indimenticato front man. E qui il protagonista del film non è un cantante.
Che buffo incrocio se ci si pensa. Una cantante di fantasia interpretata da una cantante vera e un cantante vero interpretato da un attore (a parer mio entrambi comunque in odore di Oscar).
Probabilmente il successo di Bohemian Rhapsody, sta in una campagna promozionale martellante (con tanto di trailer reinterpretato dai mattoncini Lego) e in un desiderio da parte dei fan dei Queen di rivedere al cinema la storia del grande gruppo. Film peraltro che porta la firma e la benedizione di Brian May e Roger Taylor, nonché del loro manager Jim Beach.
Un flop almeno al botteghino italiano è stato un film musicale dove la musica è parte della narrazione (come nel musical, per dire) che invece all’estero ha fatto sfracelli la cui colonna sonora da mesi è nelle alte posizioni della classifica dei cd più venduti e di cui sta per uscirne una versione realizzata da noti cantanti (come Pink).
Sto parlando del capolavoro passato inosservato in Italia che è “The Greatest Showman”, la biografia (anche in questo caso), di Phineas Taylor Barnum, il contrastato inventore del Circo. Interpretato da grandi attori come Hugh Jackman (già visto in film musicali come la versione cinematografica de “I miserabili”, visto in Italia da 4 persone forse, ma acclamato in Usa che è valso il Premio Oscar come attrice non protagonista ad Anne Hathaway nel ruolo di Fantine).
Ma anche lo stesso Mamma mia ci risiamo non è andato benissimo, non quanto il primo. Il pubblico italiano non ama particolarmente i film musicali, fatta eccezione per quelli che si rivolgono di più ai bambini come La Bella e la Bestia, per citarne uno, o come quasi sicuramente “Il ritorno di Mary Poppins”. Difficile capire il perché. Forse non ama le interruzioni con i numeri musicali, o il dover seguire le traduzioni, o considera certi titoli lontani dalla propria cultura.
Peccato perché direi che nella totalità dei casi questi film hanno dei cast eccezionali con attori di prim’ordine come il già citato I Miserabili (in cui apparivavano un ottimo Russel Crowe, Amanda Seyfried, Eddie Redmayer), un ignorato totalmente “Into the woods”, trasposizione cinematografica dell’omonimo musical di Broadway con una cattivissima Meryl Streep, Emily Blunt, Johnny Deep, James Corden. E un quasi ignorato “Rock of ages”, sempre da Broadway, con Tom Cruise che ha imparato a suonare la chitarra per l’occasione e pare il fratello gemello di Axel Rose