Dopo Deepwater – Inferno sull’oceano e Boston – Caccia all’uomo, entrambi pellicole ispirate a fatti realmente accaduti, il regista Peter Berg torna al cinema con un nuovo action movie in cui ritrova l’attore feticcio dei suoi ultimi lavori, Mark Wahlberg.
In uscita il prossimo 15 Novembre e distribuito da Lucky Red, Red Zone – 22 Miglia di fuoco è la storia di una squadra segreta speciale di problem solving guidata da James Silva (Wahlberg) che ha il compito di ridurre al minimo i rischi all’interno di missioni potenzialmente pericolose. Con l’aiuto del luogotenente Alice Kerr (la Lauren Cohan di The Walking Dead), Silva dovrà scortare un uomo in possesso di informazioni sensibili (Iko Uwais) lungo le ventidue miglia del titolo che lo separano da un aereo che dovrebbe condurre l’informatore su suolo statunitense. Nello svolgere il compito, Silva sarà aiutato anche dall’Alfiere (John Malkovich), un uomo misterioso che dall’interno di una sala operativa cercherà di guidare Silva e Kerr tra strade piene di uomini armati e intenzionati a mandare all’aria la missione.
Alla loro quarta collaborazione insieme, Wahlberg e Peter Berg si trovano per la prima volta davanti a un progetto cinematografico del tutto originale, che si basa sulla sceneggiatura di Lea Carpenter, qui al suo esordio nella settima arte. L’obiettivo, quindi, era quello di creare una storia che riuscisse a tenere avvinto lo spettatore, tenendolo sempre su un filo invisibile di tensione e cardiopalma e che gli impedisse, quindi, di subire cali di attenzione. Per questo Red Zone si presenta al suo pubblico con un ritmo sempre molto attento, in un racconto frenetico che fa dell’azione il proprio marchio distintivo.
Senza ricorrere a una troppo facile computer grafica o ad effetti visivi che avrebbero in qualche modo potuto disumanizzare il racconto di uomini disposti a sacrificare la propria vita per il proprio lavoro, Peter Berg spinge invece sulla creazione di una pellicola che fosse il più reale possibile, nonostante le esagerazioni che questo genere impone ai propri registi. La macchina da presa del regista, allora, non si allontana mai troppo dai corpi sporchi e messi a dura prova dei suoi protagonisti, in una visione quasi brutale che punta a far sentire allo spettatore l’odore del sangue e lo sforzo bellico messo in atto da Silva e dalla sua squadra.
Red Zone, tuttavia, riflette anche sul panorama politico della società odierna, in cui sembra che sia il caos a farla da padrone, con le continue minacce che la democrazia continua a subire, vetusto vessillo di un mondo che rischia di implodere per colpa di interessi personali ed economici.
Il risultato è un buon thriller che, pur con qualche lacuna in fatto di sceneggiatura, compie il compito per cui è stato creato: intrattenere. Un plauso va fatto ai titoli di testa, grazie ai quali il personaggio di James Silva viene presentato senza dover ricorrere a quei lunghi e spesso inutili monologhi esplicativi.