La Decima Edizione del NOpS Festival si avvicina alla sua conclusione conquistando, anche quest’anno, il consenso positivo di pubblico e giuria sugli spettacoli scelti e gli artisti protagonisti della rassegna teatrale.
Ma quale può essere il segreto per tale successo?
Cerchiamo di scoprirlo assieme alla creatrice del NOpS Festival, Ilaria Manocchio.
Partiamo dalle origini: dove e quando nasce la tua passione per il teatro?
Questo è un mistero. Il primo spettacolo di teatro (ma di teatro vero intendo) l’ho visto a 19 anni, ma il percorso verso il palcoscenico era già iniziato in maniera del tutto inconsapevole. Ero alla ricerca di un contesto in cui rimettermi in gioco in continuazione (tendo alla noia in maniera imbarazzante) che mi permettesse di trovare la chiave giusta di comunicazione nei confronti di una società in continuo mutamento. Da lì al teatro il passo è stato veramente breve.
Crescere, in teatro, vuol dire cambiare ruolo? Partire dall’essere attore e arrivare a essere regista o produttore? Oppure puoi mantenere contemporaneamente più ruoli?
Siamo abituati a incasellare le nostre vite in un ruolo preciso, dimenticando che l’essere umano è pieno di risorse. Il teatro ci insegna ad essere nella nostra interezza. A conoscere tutti i pregi e i difetti che abbiamo e a sfruttarli per il raggiungimento dell’obiettivo. Cambiare ruolo, per quanto mi riguarda, significa incanalare le energie verso obiettivi diversi, rimando sempre e semplicemente Ilaria.
La fondazione di Nogu Teatro è opera tua: da dove è partita l’idea?
Nogu Teatro nasce dalla mia collaborazione con Cristiano Vaccaro, che dopo essere stato supporto per vari anni, si è fatto da parte. Eravamo stanchi di lavorare con persone che non hanno l’urgenza artistica, ma che vedono il teatro come un’azienda. Abbiamo cominciato così a creare una comunità giovane, viva, disposta a sudare per ottenere dei risultati, che con un forte entusiasmo e amore per questo difficilissimo lavoro, faccia riscoprire anche al pubblico la partecipazione attiva al fatto teatrale.
Quali sono i progetti futuri di Nogu?
A parte diventare i più bravi in tutto, ma questo mi sembra scontato, abbiamo un unico grande progetto: fare in modo che l’attività della compagnia, sia artistica che organizzativa, diventi abbastanza stabile da avere le risorse necessarie per permetterci di dedicare al teatro tutto, e sottolineo tutto, il nostro tempo.
Perché oggi ha senso realizzare un festival come NOpS? Cosa serve oggi al teatro?
Diciamo che il panorama teatrale negli ultimi 20 anni è cambiato enormemente. Non esistono più le compagnie di giro e le tournée, i cartelloni di un mese sono una rarità, i giovani sono costretti a fare esperienza sulla propria pelle, assumendosi la responsabilità di autoprodursi. Il Festival è un tentativo di attivare una forma di supporto mettendo in contatto diretto artisti e operatori, per agevolare le compagnie nel trovare non solo opportunità di lavoro, ma di fare bagaglio dei feedback ottenuti dagli addetti al settore. Contemporaneamente è un osservatorio che dà a noi la possibilità di seguire i cambiamenti stagione dopo stagione e cercare delle soluzioni produttive da applicare.
Qual è l’ostacolo più grande che hai dovuto superare in questi anni con il Festival?
Tenere sempre sotto controllo le effettive possibilità. Non bisogna mai fare il passo più lungo della gamba, ma farlo più lungo edizione dopo edizione.
E la soddisfazione maggiore?
Incontrare persone che credono nel teatro e tentano di cambiare le cose, esattamente come noi.
NOpS è alla X edizione: non c’è il rischio di trasformarsi in una tradizione nella ricerca della innovazione? In che modo si può risolvere il dilemma?
Chi ha seguito il NOpS da più tempo potrà testimoniare a nostro favore. Nessuna edizione è uguale alla precedente! E poi la tradizione è necessaria, c’è sempre bisogno di sapere da dove si parte, e stupirsi nel vedere dove si è arrivati.
Quali sono oggi le criticità del mondo del teatro?
Troppi teatri che si fanno concorrenza e che devono scendere al compromesso di affittare alla qualunque, aggiungi un passaggio superficiale delle informazioni, e ottieni spettatori assolutamente inconsapevoli che hanno un’idea completamente sbagliata del teatro.