Una sola attrice, tre donne in scena. Alessia Navarro al Teatro Quirino racconta la Follia di Tre donne del Novecento.
È uno spettacolo completo, elegante, intenso quello che dal 2 al 6 maggio è stato in scena al Teatro Quirino. Follia, il testo di Fabio Appetito interpretato da Alessia Navarro ci ha letteralmente conquistati per la sua completezza.
L’attrice a distanza di un anno è tornata sulle tavole della storica sala capitolina diretta da Matteo Tarasco. Nome che è una garanzia, ma si sa non è solo la regia di uno spettacolo a decretarne il successo ma una molteplicità di fattori che se mescolati bene fanno di un testo teatrale un capolavoro. È accaduto questo in cinque giorni di repliche per uno spettacolo che ci auguriamo di rivedere in scena.
Dopo Frida Kalho, il ritratto di una donna, la Navarro scava nell’animo umano di altre tre figure femminili. Un testo non semplice da interpretare ma che ha conquistato il cuore del numeroso pubblico in sala. A decretarlo, gli applausi scroscianti a fine spettacolo.
Si parlava di completezza ma anche di cura del dettaglio in uno spettacolo che in poco più di sessanta minuti è riuscito a raccontare la Follia di donne e la loro continua voglia di aggrapparsi alla libertà, alla vita. Sul palco unica protagonista Alessia Navarro a regalarci il viaggio nell’animo di tre donne, di tre nazionalità diverse. Donne realmente esistite ma poco conosciute: Alma Maler, Marina Cvetaeva e Kiki de Montparnasse.
Il sipario si apre e sono le musiche di Stefano Mainetti eseguite al pianoforte da Gilda Buttà e al Violoncello da Luca Pincini.
Una sola attrice per tre volti, tre storie, tre vite, tre donne.
Il contesto è quello del Primo Novecento e proprio in questa precisa epoca storica che incontriamo Alma Maler compositrice e pittrice austriaca morta nel 1964. Fu denominata musa del secolo, per la sua capacità di ammaliare, innamorarsi, risposarsi continuamente. Tra le sue storie d’amore più tormentate, quella con Oskar Kokoschka che la ritrasse con impulso ossessivo. Quando la storia d’amore con Alma terminò, l’artista per alimentare il suo inconsolabile ricordo, convisse per lungo tempo con una bambola con le fattezze di Alma. Una vera ossessione quella del pittore, infatti, La sposa nel vento, un suo celebre quadro, fu dipinto dopo che Alma gli disse: “ti sposerò dopo che avrai creato il tuo capolavoro”.
Quello fu il suo capolavoro, ma poco dopo lei lo lasciò. Kokoschka non accettò la separazione e in Follia, Alma Mahler combatterà contro la prigionia di possesso che, nell’arte come nella vita, Oskar ha esercitato su di lei.
Marina Cvetaeva è la seconda donna che in poco meno di 40 anni di esistenza ha preso a morsi la vita. Da giovane ha combattuto contro il regime staniliano e per questo costretta alla fuga. Esigenza che la costrinse a lasciare sua figlia in orfanotrofio dove morì di stenti. Altri figli non ebbero fortuna migliore. Ebbe una relazione d’amore con Rainer Maria Rilke, soltanto epistolare. I due si scrissero per diverso tempo, si scambiarono lettere piene di speranza e desiderio di ricominciare. Si diedero un appuntamento per incontrarsi.
Poche settimane prima del giorno stabilito, Rilke morì.
La terza figura è Kiki de Monteparnasse definita la Regina dell’omonimo quartiere parigino. Modella per gli artisti che apprezzavano la sua bellezza. Provò a cantare, a dipingere ma non era portata per le arti. Decise di diventare essa stessa arte. Hemingway fu un suo caro amico, il solo a capirla negli anni in cui il suo corpo stava decadendo e così il suo lavoro. Ricercata dalla Gestapo, si rifugiò a New York. A trentatré anni il suo copro era grasso, sfatto, a causa dell’abuso di alcol e di droghe. Soffrì la lontananza da Parigi, patì le pene di un corpo in disfacimento.
Le vite di queste donne si susseguono sul palco del Quirino grazie al corpo di Alessia Navarro di bianco vestita. Bianco come si può immaginare la libertà che gridano e a cui auspicano le donne di cui narra. Ad accompagnare sul palco l’attrice oltre al pianoforte e al violoncello anche dei rumoristi. E’ la cura e l’importanza che viene dato al dettaglio a colpire in Follia. I rumoristi sottolineano il gesto dell’attrice; e cosi il rumore provocato dal velo bianco di Marina Cvetaeva toccato con delicatezza dalla mano della Navarro, arriva fino all’ultima fila, catturando l’attenzione di tutta la platea.
Sopra il palcoscenico uno schermo su cui, in alcuni momenti, quelli più decisivi, vengono proiettate in presa diretta i gesti dell’attrice. Gli spettatori, anche quelli più distratti non hanno via di scampo.
Follia si lascia seguire, ti travolge, ti porta per mano nell’animo di ognuna di loro.
I tre differenti piani di rappresentazione: il gesto dall’attrice sul palcoscenico, il suono, l’immagine, travolgono in pubblico in sala, lo catapultano nei drammi, nei sogni, nel dolore e nei ricordi queste donne. Lo spettatore ne esce arricchito, ammagliato, rapito.
Il lavoro di Matteo Tarasco non delude le aspettative, ottime le trovate registiche che hanno garantito attenzione ad un testo che se rappresentato diversamente correva il rischio di annoiare.
La comunione degli elementi che fanno di uno spettacolo teatrale, un ottimo lavoro (testo, regia, interpretazione), hanno funzionato alla perfezione. Il testo ricco e complesso ha scavato e toccato l’animo femminile; la regia geniale e precisa; l’interpretazione delicata mai sopra le righe.
Sono questi gli spettacoli che ci piace vedere.