In vista dell’incontro di oggi 21 Aprile durante Link – Premio Luchetta Incontra ho raggiunto il giornalista e scrittore Alberto Matano per rivolgergli alcune domande sul nuovo libro (“Innocenti – Vite segnate dall’ingiustizia” edito dai Rai Eri e appena uscito nelle librerie italiane), sul buon giornalismo e sul ruolo del giornalista nella società attuale.
A LINK presenti “Innocenti – Vite segnate dall’ingiustizia“, da poco uscito nelle librerie italiane. Ci descrivi questo volume che prende il via dal programma da te condotto su Rai3 Sono innocente?
Si tratta di dodici storie, sei uomini e sei donne che hanno subito condanne ingiuste.
Sono storie molto forti: c’è il dolore, l’angoscia, il buio ma anche la luce e il riscatto.
Si parla anche di grandi amicizie e grandi amori, quei grandi rapporti alla base dei quali c’è la salvezza dei nostri protagonisti.
Il libro racconta però anche un pezzo di storia del nostro paese: ci sono protagonisti di diverse regioni italiane e vicende che coprono quarant’anni di storia italiana.
Dalla prima edizione Link è stato subito definito il festival del Buon Giornalismo. Cos’è per te il buon giornalismo?
E’ un giornalismo onesto, rispettoso del lettore e del telespettatore, non urlato e soprattutto umano.
Sei già stato presente a Trieste alla conduzione della serata ‘I nostri Angeli‘, serata di premiazione del Premio Luchetta. Cosa rappresenta per te questo ritorno a Trieste?
Trieste (e il Premio Luchetta) dopo l’esperienza del 2015 mi sono entrati nel cuore.
Trieste è una città molto accogliente ma anche molto esigente; è anche espressione della nostra storia.
E’ una città che trasmette armonia e condivisione tra culture diverse.
Il premio Luchetta inoltre è un tributo a dei colleghi coraggiosi morti nel raccontare quello che succedeva in altri paesi.
Ricordare loro significa ricordare il ‘buon giornalismo’.
Sono quindi molto felice di tornare a Trieste, tra l’altro il Friuli Venezia Giulia è una regione molto attenta ai temi che trattiamo e segue con affetto il programma quindi anche per questo mi fa piacere ritornare qui.
Da scrittore ma prima di tutto da giornalista con una carriera ventennale puoi condividere con noi una riflessione sulla responsabilità di chi fa informazione dell’uso della parola?
La parola è uno strumento formidabile e importantissimo, che va usato con responsabilità.
Ogni parola ha un potenziale elevatissimo e va usato bene.
Augias recentemente a “Quante storie” ti ha detto “Nella nostra azienda ci sono professionalità altissime che scrivono anche libri“. Cosa pensi di questa affermazione?
Intanto ringrazio Corrado perché ritengo sia uno dei più grandi giornalisti e divulgatori italiani.
Io, come molti dei miei colleghi, vengo dalla scuola di Perugia (scuola di giornalismo e Centro italiano di Studi Superiori per la formazione e l’aggiornamento in giornalismo radiotelevisivo).
La mia generazione è nativa Rai ed è cresciuta in quell’ambiente quindi non posso che essere contento che un giornalista come Augias riconosca questo aspetto che riguarda i miei colleghi, non dico me perché non mi piace autoincensarmi.
Quale credi sia il ruolo del giornalista nel fare cultura?
Se nei decenni passati il giornalista aveva un ruolo fondamentale nella trasmissione della lingua italiana che molte volte veniva appresa attraverso i programmi tv, ora, nel tempo dei social, ha un ruolo chiave nella distinzione e nella creazione di contenuti.
Se pensiamo al linguaggio immediato del racconto televisivo e invece agli spazi che si possono prendere nello scrivere un libro. Che difficoltà ci sono nel pianificare un programma? E nella stesura di un libro?
Il linguaggio televisivo mi appartiene; vengo da lì e lo maneggio “come un chirurgo il bisturi” quindi per me è un linguaggio familiare.
Scrivere un libro è diverso, la scrittura è diversa.
Dopo alcuni giorni davanti al foglio bianco ho chiuso gli occhi e ho iniziato a immaginarmi i miei protagonisti.
Cancella, riscrivi e cancella, dopo alcune ore le parole hanno iniziato a prendere forma.
Ed è stata una grande scoperta sia a livello professionale che una scoperta dentro di me.
A questo punto la domanda sorge spontanea: questo libro sarà il primo di una lunga serie o rimarrà una parentesi?
Alberto Matano risponde così:
Questa scoperta nella stesura del libro mi ha molto rapito.
Ora l’uscita del libro è molto fresca però credo che non rimarrà una parentesi
Ringrazio Alberto Matano per il tempo dedicatomi e per questa ricca prospettiva sul mestiere del giornalista.