Due sicuri premi Oscar da scoprire in sala in questi giorni, Gary Oldman (L’ora più buia) e Frances McDormand (Tre Manifesti a Ebbing, Missouri)
Se volete sapere in anteprima chi saranno i due attori a vincere l’Oscar quale miglior interprete maschile e femminile, andate a vedere Gary Oldman (“Batman” di Nolan, “Il pianeta delle scimmie” ma anche “Sid e Nancy” per citare i primi tre che ci vengono in mente) interpretare lo statista Winston Churchill ne “L’ora più buia” e Frances McDormand la strabiliante Mildred, protagonista di “Tre Manifesti a Ebbing, Missouri”.
Sarà difficile, a meno di sotterfugi e accordi hollywoodiani di altro tipo, che i rispettivi Oscar vadano ad altri attori (unico dubbio Sally Hawking, protagonista dell’osannato “The shape of water – La forma dell’acqua” in Italia non ancora uscito).
Partiamo da Frances McDormand
Frances McDormand è il cardine su cui gira la narrazione di “Tre Manifesti a Ebbing, Missouri”, giallo, drammatico (ironico) firmato da Martin McDonagh, che ha già collezionato il Golden Globe come miglior film drammatico.
Mildred è una bizzarra donna separata con un figlio, che, stanca di attendere notizie dalla polizia circa l’assassinio feroce della figlia adolescente, acquista gli spazi pubblicitari di tre cartelloni stradali posti all’ingresso della cittadina del Missouri, pubblicando una chiara provocazione (non diffamazione) allo sceriffo Bill Willoughby (un eccellente Woody Harrelson).
I fatti e i sentimenti che si snodano nella vita della cittadina (dove tutti naturalmente si conoscono), vanno dal tragico al nonsense drammatico, in stile “Fargo” dei Fratelli Cohen (Frances è sposata ad uno di loro).
L’attrice porta lo spettatore nel mondo di Mildred, nel suo dramma e nel suo bizzarro modo di affrontarlo e di voler conoscere la verità. La sua drammaticità non offusca però l’ironia (sovente cattiva) di certi suoi comportamenti e affermazioni.
Nel film si mette anche in luce anche Sam Rockwell nelle vesti di un poliziotto dal grilletto facile, dalla facile reazione violenta che gradualmente però passerà dalla parte di Mildred. Anche Rockwell merita l’oscar come attore non protagonista. Se lo merita davvero.
Passiamo a Gary Oldman
Se “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” (traduzione fedele ma forse ostica per il pubblico italiano) risulta un film di grande spessore, gradevole, senza alcun cedimento, “L’ora più buia” regge solo per la presenza di Gary Oldman che, con la sua impeccabile interpretazione di Sir Winston Churchill (il tic, il movimento delle labbra è impressionante, così come le protesi che sono state applicate al volto di Oldman per renderlo uguale allo statista inglese), da un senso ad un film che pecca di qualche cedimento e di lentezza.
La storia si snoda nei 10 giorni in cui Churchill, chiamato ad assumere nel 1940 la carica di primo ministro inglese, deve prendere la difficile decisione di combattere il nemico nazista, e prevedere un’invasione tedesca in Gran Bretagna, o tentare la via della mediazione diplomatica, conscio di rendere la nazione inglese schiava del tiranno tedesco.
Nel mezzo il salvataggio delle truppe inglesi bloccate a Dunquerque effettuata grazie alla geniale intuizione di organizzare una numerosa flotta di barche da diporto e spedirle sulle rive francesi per recuperare più uomini possibili (ne furono salvati ben 10.000.
Il carisma di Churchill, la personalità bizzarra, tanto da mettere in soggezione lo stesso re Giorgio (il padre di Elisabetta, trisnonno di George..) interpretato da Ben Mendelsohn, la sua celata umanità che si rivelerà al momento opportuno, sono impeccabili in Oldman che offusca gli altri attori e sostiene le due ore di pellicola.