Intervista a Dacia Maraini, prima del debutto al Festival di Todi di “Una casa di donne”
Scrittrice che ha declinato nelle sue opere la femminilità in tutte le sue sfumature, Dacia Maraini è stata da sempre anche una donna di teatro, soprattutto quello di impegno e di lotta. Negli anni dell’Avanguardia romana ha animato le esperienze del Teatro del Porcospino e della Maddalena: da una parte la ricerca di autorialità nuova sulla scena italiana, dall’altra il sostegno al movimento femminista attraverso la parola, il segno, il corpo, toccando temi spesso complessi come quello della prostituzione.
La ritroviamo in occasione dello spettacolo “Una casa di donne” che andrà in scena il 30 Agosto al Todi Festival 2017 con Ottavia CH Orticello e per la regia di Jacopo Squizzato.
Al festival di Todi andrà in scena lo spettacolo Una casa di donne. Questa messinscena sembra un ulteriore tassello, temporaneo naturalmente, sul tema della prostituzione che Lei ha affrontato in altre occasioni, fin dal 1976 in Dialogo di una prostituta con un suo cliente. Come ha avuto inizio la riflessione e come è avvenuta l’evoluzione di questo tema così complesso nel suo sentire creativo?
Ogni riflessione sul corpo delle donne porta alla prostituzione e alla sua lunga storia che mette radici nel tempo lontano. Addirittura c’è chi crede che sia un destino naturale delle donne quello di prostituirsi: sesso in cambio di denaro, a una cultura del mercato appare addirittura un commercio perfettamente lecito.
Mentre a me sembra che ci sia qualcosa di perverso e assolutamente innaturale nel comprare qualcosa che dovrebbe nascere dal desiderio e dall’incontro.
Perché un uomo sente il bisogno di comprare il corpo di una donna, anche se per pochi minuti, per provare piacere? Si tratta di un piacere sessuale o di un piacere che riguarda il bisogno di dominare e umiliare l’altro? Chi compra sembra eccitarsi all’idea di possedere un corpo estraneo e di farne quello che vuole in cambio di denaro ma c’è qualcosa di brutale in questa scelta e certamente non esprime rispetto per il corpo femminile.
Dagli anni 60 a oggi crede sia cambiato il punto di vista sulla prostituzione da parte della società? In che modo: c’è stata un’evoluzione o piuttosto un’involuzione?
Non è tanto cambiato il punto di vista quanto la realtà. Mentre negli anni 70 la prostituzione nasceva da una scelta adulta, oggi la maggioranza delle prostitute sono straniere e sono minorenni e in condizione di schiavitù, comprate e vendute come oggetti. Merce di poco prezzo, private di ogni diritto e ogni libertà.
Il teatro è sempre stato presente nella sua vita e nella sua produzione letteraria, con una forte connotazione di impegno come scrittrice, ma anche come donna. Eppure lo spazio nell’industria teatrale per le donne è sempre molto limitato, soprattutto oggi che il movimento femminista sembra essersi attenuato: come è possibile che ciò accada?
Il teatro ha una lunga tradizione misogina. Ricordiamo che il palcoscenico greco (il padre del teatro europeo) era interdetto alle donne: i personaggi femminili venivano recitati da attori che mettevano su una maschera. Così ha fatto il teatro romano e quello medievale. Solo la Commedia dell’arte nel 500 ha dato accesso alle donne sul palcoscenico, un gesto fortemente condannato dalla Chiesa che continuava a seppellire gli attori fuori dai cimiteri consacrati.
Come è nata l’esperienza del Teatro del Porcospino e del Teatro della Maddalena? Pensa che oggi simili esperienze possano avere ancora opportunità di realizzarsi o è cambiato qualcosa, fra gli scrittori, gli attori o nel pubblico, che non ne permette più l’esistenza?
È cambiato molto e quello che manca oggi è lo spirito comunitario. Ognuno lavora per sé e tutti contro tutti. Una perdita secca in fatto di valori comuni.
La donna è spesso al centro del suo interesse creativo; quanta influenza ha avuto il suo impegno sociale e politico e quanto invece la sua storia personale nel raccontare le sue protagoniste?
Una donna non si libera da sola, ma assieme a tutte le altre. In una società evoluta non esiste la libertà individuale. La giustizia e la libertà devono essere sancite da leggi che riguardano tutti. Altrimenti si tratta di una eccezione che conferma la regola della esclusione e del razzismo.
Negli anni come è cambiato il suo modo di vivere il teatro? Come il suo modo di scrivere per il teatro?
In teatro si è perso, da parte delle Istituzioni, l’interesse e la voglia di investire sul teatro sperimentale. Si continua a farlo il teatro nuovo e sperimentale, ma a spese proprie e le spese sono aumentate in forma di tasse. Ho sempre pensato e detto che la cosa piu saggia in teatro sarebbe di diminuire le tasse, non di fare elargizioni a pioggia secondo criteri arbitrarii.
Com’è il suo rapporto con gli interpreti e con la regia dei suoi testi teatrali? Le è mai capitato di trovarsi in disaccordo con una visione registica?
Di solito lascio piena libertà al regista che ha il diritto di interpretare a modo suo il testo. A me interessa una fedeltà di fondo alle idee che esprimo, non una illustrazione di quello che scrivo. Qualche volta sono stata tradita nelle mie idee e mi è dispiaciuto. In questo caso chiedo per lo meno che lo spettacolo sia bello. Se anche questo non avviene, mi sento due volte tradita.
Ha un personaggio storico, maschile o femminile, che non ha mai avuto occasione di incontrare nel suo percorso artistico a cui vorrebbe dare voce?
Ce ne sono tanti ma non sto qui a elencarli. Soprattutto mi piacciono le persone coraggiose, che hanno voglia di agire, affrontando rischi anche gravi, e che siano generose di sé.