Senza Gabriele e Lei posseggono entrambi un messaggio intimo, che vuole indurre il pubblico a riflettere sulla vita e sui sentimenti. Andati in scena all’Ar.Ma Teatro di Roma dal 26 al 28 maggio, il primo un è corto teatrale e il secondo una rappresentazione della durata di 50 minuti, grazie alla scrittura e alla regia di Francesca Cipriani, giovane emergente, richiedono un grande afflato di energia e di ascolto per assistervi.

 

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Lei

Senza Gabriele, con Teodora Mammoliti, Emanuele Guzzardi e Massimo Caon, ci immerge in un quadro fatto di ricordi, diari colorati e annotazioni per non dimenticare e ricostruire le tappe di due vite. Una coppia, lei nevrotica e lui non ricorda nulla, perché malato, si lasciano andare per sempre.

In eredità lasciano Gabriele, il figlio, il quale attraverso le note scritte con estrema accortezza della madre, riesce a conoscere i suoi genitori e i momenti che hanno vissuto sia in attesa di lui, sia mentre si abbandonavano alla morte.

Edoardo, Clara e Gabriele sono circondati da una scenografia di cartoni, giocattoli e vestiti per l’infanzia. Si intervallano nei dialoghi, per di più rimanendo fermi in scena mentre nella mente dello spettatore si crea un misto di pensieri che rimandano al senso di una malattia come l’Alzheimer – in cui di solito si circonda il malato ricordandogli ciò che deve fare e raccontandogli tutto quello che avviene – ma anche quello dell’assenza e della memoria. Si crea così un mondo magico mediante quei rapidi e incisivi racconti lasciati ai posteri.

Ma chi si è senza amore? Si è completi? Ci si può sentire incompleti ancor prima di conoscersi? Un racconto dunque complesso dove il “detto non detto” ha tuttavia un suo respiro delicato, che ci fa fermare davvero per un istante, facendoci così riflettere sulla vita e sulla sua importanza.

Lei, invece, vive di un ritmo cadenzato e ci racconta quanto il cuore e l’avere cura di noi stessi sia fonte di rinnovamento e rinascita. Anche qui vivere le assenze ritorna come qualcosa di atavico e da superare. Una sedia, una valigia, delle bambole, rappresentano un quadrato, che disegnano una scenografia semplice dove ogni strada che si desidera prendere sembra sempre quella sbagliata.

Lei si trova in una stazione immaginaria; cerca il suo treno. Lui, un soldato caratterizzato dai tratti orientali, frena Lei trasformandola in schiava, in un robot che obbedisce, senza anima. Si vuole dare voce a quel mondo veloce che ci allontana dalle relazioni amicali e amorose con distacco.

Ivano Conte e Valentina Bernardini nella loro recitazione sono molto incisivi; Teodora Mammoliti, invece, interpreta il cuore di Lei. Con poche battute, infatti, riesce a essere sicura di ciò che prova e dice la protagonista. Valentina Bernardini, subendo la trasformazione dall’essere umano a robot, modula la voce in modo adatto e inerente: fredda e distaccata sillaba i comandi dettati dal soldato, e le movenze si adattano alla circostanza.

Accostandosi un po’ al Bianconiglio di Alice che gira senza cognizione, troviamo Lei immobile. In questo mondo fermo, forse le fanno prendere il suo tempo di riflessione, di consapevolezza del proprio essere, delle proprie possibilità, delle proprie capacità, riuscendo poi a ritrovare la via di casa mediante una rinascita costruttiva. Una voce che vuole così esprimere al mondo la propria esistenza.

Una lotta tra razionalità, logica e stati d’animo a cui aggrapparsi per metabolizzare sofferenza, dolori e amore, cattiveria e bontà, bello e brutto. Perché questi sentimenti esistono e bisogna solo saperli leggere, ma anche superarli e viverli. Lei veste di bianco, stile anni ‘30: un candore dunque per rappresentare quella leggerezza del cuore e quella spensieratezza fuori un contesto di omologazione.

Privi di controllo, di colori, di assenza tutto però può davvero trasformarsi. Comunicare così la propria essenza, senza essere addestrati né guidati da altri, senza far cadere nel vuoto ciò che sentiamo, aspettando dunque che qualcuno lo raccolga e che ci noti. Si possono riacquistare sapori, parole, odori e andare oltre riconducendoci nel sentiero dove le indicazioni sono Cuore, Anima, Amore e Sogno.

La libertà diventa qualcosa di insito al testo. Quest’ultimo scritto con forza e fatica, viene rappresentato con energia e gestualità forti, in contrapposizione al non raggiungimento dei propri obiettivi. Il disegno luci sostiene la pièce con il solo bianco e rosso, quest’ultimo utilizzato solo nei momenti intimi.

Lei ricorda a grande linee il film “Lei” dove fantasia e personaggi non esistono più, ma sono dettati dalla presenza di due voci, una maschile e umana, l’altra femminile e computerizzata.

Ci si dimentica però di qualcuno comunque anche mentre egli è ancora in vita. Ciò ci costringe ugualmente a costruire il nostro mondo imparando ad ascoltare, ad amare, a guardare e a ricambiare senza alcuna pesantezza.

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