Neri Marcorè torna al teatro-canzone e, dopo i successi di Eretici e corsari, Un certo Signor G e Beatles Submarine, porta in scena al Politeama Rossetti di Trieste Quello che non ho in collaborazione con il Teatro dell’Archivolto di Genoa portando con sé due giganti del nostro recente passato: Pier Paolo Pasolini e Fabrizio De Andrè.
Prendendo il titolo da uno dei tanti capolavori del Faber nazionale, Marcorè affronta i grandi temi di attualità mettendo a nudo tutte le contraddizioni della nostra epoca, a ben vedere le stesse contraddizioni denunciate da Pier Pasolini quando affermava nei Diari Corsari o nel documentario “La Rabbia” che continua ad esserci sviluppo senza progresso.
Si parla di devastazione ambientale a largo di Siracusa, di pesci dalla spina bifida o senza occhi, di Marina di Melilli, il paese che non c’è più; delle miniere abusive di Coltan del Congo; dell’odio verso i Rom (L’Italia ne ha meno di tutti gli altri Paesi ma li odia di più); dell’odio verso gli immigrati; dello sfruttamento minorile e delle ridicole e scandalose idiozie partorite dai nostri politici.
Tutto ciò intrecciato con le canzoni di De Andrè da Una storia sbagliata a Khorakhanè passando da Ottocento, Don Raffaè ,Volta la carta e molte altre.
Il testo e la regia sono di Giorgio Gallione che racconta come
Nelle ultime stagioni insieme a Neri Marcorè abbiamo molto frequentato il teatro musicale, costruendo spettacoli che guardavano sia al teatro civile che alla bizzarra giocosità del surreale.
Con Quello che non ho siamo di fronte a un anomalo, reinventato esempio di teatro canzone che, traendo linfa dalla visione del mondo e dalla poetica di Pasolini e De Andrè, prova a raccontare l’oggi.
Un tempo nuovo e in parte inesplorato in cerca di idee e ideali.
La scenografia di Guido Fiorato è semplice ed essenziale : un grande telo di stoffa grezzo a maglie larghe a far da fondale, sedie nere sparse sul palco e luci al neon che scendono dall’alto secondo necessità di copione.
Sembra di assistere ad un telegiornale con le immagini dei racconti che si intersecano con le note e le parole delle canzoni. Sono quadri precisi, delimitati da parole e canzone e questo consente una semplice concentrazione da parte del pubblico. Tutto fluisce in modo semplice.
Qualcuno ha storto la bocca sull’assenza di regia ma la regia c’è, solo che non è invadente perché a fare lo spettacolo c’è altro : c’è un bravissimo Neri Marcorè nel doppio ruolo di attore e cantante nei quali si destreggia con pari abilità; c’è un testo mai banale anche se sono denunce in punta di piedi, di sicuro manca la provocante violenza di Pasolini ma non per questo il messaggio non arriva anzi probabilmente arriva ad un pubblico più ampio.
Ma a fare lo spettacolo c’è la musica, tanta bella musica ed arriviamo alla standig ovation virtuale agli arrangiamenti di Paolo Silvestri ed alla strepitosa interpretazione dei tre compagni di viaggio di Marcorè sul palco : Giua, Pietro Guarracino e Vieri Sturlini.
Cos’è per noi un bell’arrangiamento in uno spettacolo del genere?
Un tappeto musicale che non prevede una nota di più o una di meno di quello che è strettamente necessario a strizzare il cuore.
Aggiungiamoci il talento del trio delle meraviglie che, alternando canti a cappella a virtuosismi strumentali, aggiungono un peso specifico determinante alla riuscita dello spettacolo.
La voce di Giua, una dei grandi talenti della nuova scena genovese, arriva primitiva, toccando corde ancestrali, quando in “Khorakhanè” canta in lingua romanes riuscendo a commuovere la platea. Occhi lucidi e sguardo fisso su di lei che, magnetica, catalizza tutte le attenzioni cantando la libertà del viaggio. Un viaggio che in quel momento vorresti che non finisse mai.
I puristi di PPP storceranno la bocca perché forse manca la “Destinazione Ostinata e Contraria” ma la denuncia c’è ed arriva come un pugno alla bocca dello stomaco.
Lo spettatore si sente preso per mano e buttato nel burrone tra tutti quelli che pensano che l’Italia è senza speranza, un Paese schiavo delle sue paure e della sua mediocrità. Ci si guarda in faccia, ci si interroga.
Poi arriva la voce di speranza, anche i profeti sbagliano.
Dove abbiamo preso la forza per rialzarci dalla seconda guerra mondiale ? Da dove nascono “i fantastici anni ’60”, quello che rappresenta il terzo nostro maggior periodo dopo l’Impero Romano ed il Rinascimento?
Non per nulla all’ ultimo piano del MOMA di New York, quello dedicato all’arte contemporanea dagli anni 50 in poi del secolo scorso, la metà degli oggetti sono frutto del genio italiano : la moka Bialetti, la Lettera 32 Olivetti, la Vespa Piaggio.
Ed in chiusura di spettacolo le lucciole, le piccole gocce di splendore di De Andrè, tornano a splendere.
Si esce dal teatro con un senso di speranza dopo essere stati picchiati per tutta la serata, non è questo che si chiede ad uno spettacolo d’intrattenimento teatrale ?
Da portare nelle scuole.
Prossime date
- 21-22 marzo 2017 TRIESTE Teatro Rossetti
- 23-24 marzo 2017 PORDENONE Teatro Verdi
- 25-26 marzo 2017 VICENZA Teatro Comunale
- 28 marzo 2017 TODI Teatro Comunale
- dal 29 marzo al 2 aprile 2017 PERUGIA Teatro Morlacchi
- dal 4 al 9 aprile 2017 BERGAMO Teatro Donizetti
- 11-12 aprile 2017 AOSTA Teatro Splendor