Intervista ad Andrea Paolotti protagonista de La Classe di Vincenzo Manna

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Intervista ad Andrea Paolotti protagonista de La Classe di Vincenzo Manna al Teatro Marconi fino al 9 aprile

La programmazione del Teatro Marconi di Roma continua dal 18 marzo al 9 aprile con lo spettacolo La Classe, scritto da Vincenzo Manna e diretto da Giuseppe Marini.

Un cast di attori molto ricco calcherà il palco del teatro diretto da Felice Della Corte. Andrea Paolotti, Cecilia D’Amico, Tito Vittori, Carmine Fabbricatore, Edoardo Frullini, Valentina Carli, Giulia Paoletti, Haroun Fall con la partecipazione straordinaria di Ludovica Modugno daranno vita allo spettacolo che è il risultato di un progetto nato dalla la sinergia di soggetti operanti nei settori della ricerca (Tecné), della formazione (Phidia), della psichiatria sociale (SIRP) e della produzione di spettacoli dal vivo (Società per Attori).

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Abbiamo intervistato Andrea Paolotti

Sei reduce dal debutto al Marconi. Ti aspettavi tutta quell’accoglienza dal pubblico? 

Abbiamo ricevuto una splendida accoglienza alla prima dello spettacolo. Il teatro Marconi è una realtà nata da poco, ma piano piano si sta consolidando sul territorio. Sono convinto che nel giro di poco tempo diventerà un centro culturale e di intrattenimento riconosciuto a livello cittadino.

Interpreti Albert, straniero di terza generazione intorno ai 35 anni, laureato in Storia, viene assunto all’Istituto Comprensivo come Professore Potenziato. Un ruolo non semplice. Cosa hai fatto per calarti così bene nel tuo ruolo.

La preparazione e le prove sono un momento splendido per un attore, c’è il tempo di sperimentare, cercare, sbagliare, correggere. La ricerca su e di Albert è ancora in corso, ogni giorno, sia nelle repliche che durante la giornata. Io vivo il lavoro in maniera totalizzante, assoluta, non stacco mai, credo che le 7 ore di prove giornaliere con i colleghi servano a conoscere le relazioni tra i personaggi, ma poi il resto della giornata è dedicato a scoprire quale effetto producono queste relazioni sul tuo personaggio. Insomma vivo immerso per settimane, anche a discapito della vita privata.

La regia risulta pulita ed efficace, com’è stato essere diretto da Marini?

Con Giuseppe c’è un rapporto che va avanti da diversi anni. È la terza volta che mi dirige e ormai tra noi c’è anche una grande amicizia. Io amo la sua passione e la sua capacità di lettura profonda delle cose. Inoltre, ha un talento raro nell’elevare ad assoluto il quotidiano, magnificando gli avvenimenti rendendoli esemplari. Questa è per me la vera natura del teatro che lui sa cogliere in pieno

Quanto è durato il lavoro di preparazione dell’intero spettacolo?

Diversi mesi. La classe è un progetto ampio, che non si occupa solo di teatro. Lo spettacolo è nato da un’idea di un produttore illuminato come Franco Clavari, che voleva affrontare l’argomento del rapporto degli adolescenti con i grandi avvenimenti della storia. L’incontro poi con l’autore Vincenzo Manna ha trasformato questa suggestione in un testo, che io considero meraviglioso. Manna è uno tra gli autori contemporanei più interessanti a livello europeo, fosse inglese sarebbe rappresentato al Royal Court, non ne ho dubbi. L’ideazione del testo è stata supportata anche da una ricerca condotta da Tecnè (società di ricerca demoscopica), proprio in occasione dello spettacolo, sul rapporto degli adolescenti con il “diverso”, fornendo all’autore elementi scientifici e spunti di riflessione sul pensiero dei ragazzi. Lo spettacolo è quindi anche un grande esperimento di data storytelling, tra i primi in Italia.

Com’è il rapporto con gli altri attori? 

Il cast è composto da un gruppo di attori di grande livello. Non è piaggeria, ma ho l’opportunità di condividere il palco con attori che sanno cosa significhi fare questo mestiere e che sono capaci di emozionarsi e di far emozionare. Voglio citarli tutti: Valentina Carli, Cecilia D’Amico, Giulia Paoletti, Edoardo Frullini, Carmine Fabbricatore, Haroun Fall, Tito Vittori. A questi si aggiunge lo splendido talento di Ludovica Modugno.

Ti sei affezionato in particolare ad un personaggio diverso dal tuo?

Albert ha un passato complesso e irrisolto e vede nella classe un’opportunità di riscatto. Uno dei modi per entrare nella sua anima è stato indagare l’ambiguo e straziante rapporto con Arianna, che grazie alla potenza interpretativa di Valentina Carli, è diventato uno dei segni più netti dello spettacolo.

Lo spettacolo è ambientato in un paese non definito. In Italia, a tuo avviso, c’è una forte connotazione xenofoba?

In occasione dello spettacolo stiamo andando insieme ad Amnesty International, Baobab Experience, SIRP Lazio e Phidia in molte scuole laziali ad incontrare i ragazzi per parlare di flussi migratori e di accoglienza. Io vedo le nuove generazioni molto preparate, capaci di comprendere la portata di quello che sta accadendo e pronte a farsene carico con meno pregiudizi e meno disponibilità a farsi indurre in paure generiche.

Cosa ti ha donato questo lavoro? Ti senti arricchito?

Ti dico:

Datemi il necessario per pagare l’affitto e mangiare e lasciatemi lavorare sempre in spettacoli come questo, su ruoli come Albert e con colleghi di questo livello e io sono a posto

Se dovessi scegliere un testo classico, cosa ti piacerebbe interpretare?

Tanti e non per forza protagonisti.

Il primo che mi viene in mente è Lopachin ne Il giardino dei ciliegi.

Cinema e Teatro, hai preferenze?

No, la differenza è tra fare cose belle e cose non belle. Preferisco le prime

Un invito ai nostri lettori. 

La Classe è un’esperienza, non solo uno spettacolo. Dopo aver assistito si esce un po’ diversi da come si è entrati.

Non perdetevi questa occasione.

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