Intervista a Emanuela Grimalda in scena con Le Difettose

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A due giorni dal debutto di “Le difettose” al Teatro Miela-Bonawentura all’interno della rassegna ON/OFF-prosa curiosa abbiamo incontrato Emanuela Grimalda, protagonista dello spettacolo e creatrice del progetto che vede alla regia Serena Sinigaglia.

Ed ecco ciò che ci ha raccontato, aspettando di vederla in scena il 2 marzo.

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Le difettose, ispirato dall’omonimo libro di Eleonora Mazzoni, un tema delicato: la fecondazione assistita…

Emanuela GrimaldaLe Difettose di cui parlo nello spettacolo sono le donne che non riescono ad avere un figlio. Ma in generale le donne si riconoscono in questo aggettivo. Lo trovo molto efficace perché le donne anche con figli, un lavoro, un marito si sentono spesso in difetto di qualcosa.

In realtà quando ho letto il libro mi ha interessato soprattutto il tema del tempo.

Credo che il tema del tempo sia molto attuale. Siamo in difetto di tempo L’aspettativa di vita si è allungata, ma non l’età fertile.

Le donne oggi scelgono di avere un figlio tardi, dopo la ricerca del lavoro e di una stabilità emotiva. Ma a volte può essere troppo tardi.

Carla, la protagonista ha quasi quarant’anni, fa la ricercatrice universitaria, vuole un figlio che non arriva e si rivolge così alla fecondazione assistita.

La scienza ha aperto nuovi scenari, nuove possibilità. Anche nuovi orizzonti etici. Contraddizioni e conflitti del nostro presente che mi interessava indagare.

Del resto il teatro non dà risposte ma racconta delle storie.

Un monologo ma vari personaggi…cosa ci puoi dire?

Le Difettose è un progetto che ho fatto nascere dalla lettura del romanzo.

Ho contattato l’autrice, ho investito i soldi per realizzarlo e per essere libera di scegliere le persone con cui realizzarlo. Ho individuato in Serena Sinigaglia la regista giusta. Le ho proposto la regia e ha accettato.

E’ stato un lavoro faticoso profondo e lieve come i temi che affronta.

Nell’adattamento drammaturgico che ho curato assieme all’autrice e alla regista i personaggi sono diventati sette.

Ci sono Carla ma anche il compagno Marco, la madre, la nonna, la dottoressa, la cinica infermiera, un santone brasiliano. Cinque donne e due uomini.

Si ride e ci si commuove in un’ora di montagne russe emotive.

Per raccontare il desiderio di infinito di cui il desiderio di un figlio è parte ma che appartiene a tutti, donne e uomini”: mi ha molto colpito, perché di solito si pensa che il desiderio di un figlio a coronare a un unione sia prerogativa femminile…

Dietro le tematiche legate alla nascita di un figlio gli uomini stanno sempre un po’ nell’ombra. In questo monologo c’è anche il loro punto di vista. Dolente e segreto.

Il personaggio di Marco che interpreto è uno di quelli che amo di più.

Questo spettacolo io lo inserirei nel teatro civile al femminile, non so cosa ne pensi di questa definizione…

La definizione teatro civile è un’etichetta come un’altra. Forse per la vendita degli spettacoli. Per me il teatro è sempre civile.

Da “infinite o sfinite” a “Le difettose”: con cui ritorni finalmente a Trieste tua città d’origine… che sensazioni provi per questo ritorno?

Sono sempre contenta quando torno a Trieste. Negli ultimi anni ho lavorato abbastanza spesso in città. In teatro e anche in radio. Da sola e col mio amico Alessandro Fullin, triestino anche lui.

Ora sono contenta di portare questo spettacolo nella mia città.

Teatro, cinema, tv, teatro…il primo amore non si scorda mai?

Sono nata a teatro. E per quanto che riguarda l’attore penso che dal teatro tutto nasca e tutto ritorni. Amo però anche molto il cinema e la televisione, ai quali devo tanto.

Progetti futuri?

Cinema e televisione sicuramente. Poi credo che affronterò il tema della maternità. Uno spettacolo però tutto da ridere. A modo mio. Intanto il 4 marzo vado a Grado a un convegno sulle donne di successo. Vi pare poco?

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