Fratto_X, la formula matematica che porta alla semplificazione e all“annullamento” dell’uomo manipolato e condizionato
Lo spettacolo di Rezza e Mastrella, riproposto all’Elfo Puccini di Milano, fa ridere fino alle lacrime – tra giochi di parole al limite della demenzialità e un uso anticonvenzionale del corpo – toccando in realtà questioni esistenziali. Con una domanda di fondo: è ancora possibile la spensieratezza, e la spontaneità?
Voci che si interpellano e si rispondono, battibecchi fatti di giochi di parole serrati, cervellotici, mischiati a formule matematiche. Demenziali, ma solo apparentemente, visto che giungono alla profondità di tematiche esistenziali, dell’uomo ipercondizionato.
Il tutto mentre l’attore dalle mille espressioni facciali e vocali si dimena sulla scena, in un disordine ordinato, all’interno di ’habitat’ appositamente disegnati: vere sculture di arte contemporanea flessibili ed estensibili, multiformi (in qualche modo antropomorfe), proprio come è la vita umana.
Sono questi i principali ingredienti e presupposti di Fratto_X, spettacolo che per una settimana ha squarciato a più riprese il silenzio della sala Shakespeare dell’Elfo Puccini di Milano (dove è stato riproposto dopo il debutto e il successo del 2012) con le risate “a tutta pancia” dalla platea.
La forma e la demenza spesso hanno scritto pagine importanti nella vita. Perché la forma copre la demenza,
sostiene l’uomo-scheggia che si muove in scena con un uso del corpo estremo e instancabile, alternando ai movimenti continui scambi vocali e richiami: l’uomo è il geniale e irrequieto Antonio Rezza (accompagnato sul palco da un bravissimo Ivan Bellavista, spesso suo aiuto scena); la forma è data appunto dagli habitat in cui i due si muovono, come di consueto creati da Flavia Mastrella.
Coppia artistica ‘simbiotica’, Rezzamastrella ha firmato dal 1987 a oggi 13 opere che hanno stupito e divertito facendo il giro d’Europa e oltre, nei trent’anni del loro “teatro involontario”.
In scena sembra esprimersi, infatti, un automatismo di movimenti e parole, qualcosa che nasce spontaneamente una volta creato l’habitat in cui l’azione può svolgersi (e, del resto, è messo simpaticamente nero su bianco, su brochure e presentazioni, che si tratta di opere – questa e le altre – “mai” scritte da Antonio Rezza).
I livelli di interpretazione in Fratto-X possono essere tanti, ma automatismo e involontarietà sono lì, subito evidenti. A fare il primo ingresso sul palco, prima ancora del multi-uomo Rezza, è un omino/marchingegno telecomandato, che gira in tondo all’impazzata e la cui testa è un palloncino bianco.
Rezza entra e scoppia il palloncino, perché “la spontaneità va stroncata sul nascere”.
L’uomo moderno cos’è, infatti, se non un marchingegno telecomandato e dalla testa piena d’aria?
Le voci e i dialoghi che da lì in poi sentiamo e vediamo susseguirsi sono quelli ossessivi, interni ed esteriori, che ci condizionano, manipolano, demoralizzano, stressano, confondono, nella crescita e nella vita.
Sono quelli dei battibecchi stupidi delle coppie (come Rocco e Rita), quelli di madri, parenti e addirittura poliziotti che stanno col fiato sul collo del povero Peppe (o di qualsiasi altro ragazzo, magari un po’ borderline) in un coro che genera un crescendo d’ansia; finendo – madri e poliziotti, in modi diversi – per ammazzare entrambi la persona.
Centrale il momento in cui due voci-personaggio discorrono sull’esistenza, e una “ruba” la voce dell’altra, creando un divertente senso di smarrimento con un continuo gioco di scambi e rimandi: si può parlare infatti con qualcuno che ti presta la voce? E si può rispondere con la stessa voce di chi fa la domanda?
Dalla manipolazione di un uomo sull’altro, il passo per arrivare alla semplificazione e all’annullamento dell’uomo è breve: dal Fratto_X si passa all’io fratto io, all’uomo fratto uomo, formula in cui i due termini, matematicamente, si ‘annullano’.
L’attore, sguinzagliato sul palco, finisce quindi per coinvolgere lo spettatore in sala in un vero e proprio gioco di specchi: le luci riflesse dal palco sulla platea lo interpellano, con la domanda di fondo, iniziale, che torna costantemente: “esiste ancora la spensieratezza”? Perché alla fine, l’anello debole, è proprio lui, lo spettatore.
Dopo Fratto_X, l’energica presenza di Antonio Rezza e Flavia Mastrella all’Elfo Puccini di Milano prosegue, sullo stesso stile, con lo spettacolo “Anelante” e in parallelo allo Spazio Oberdan (fino all’1 marzo) e al Cinema Beltrade (fino al 9) con il film “Milano, via Padova”.