Il musical, il teatro musicale, non è sempre tutto favole, lustrini, lieto fine, buone intenzioni.
Nelle ultime settimane abbiamo visto due musical “ribelli”, “American Idiot” e “Musica Ribelle”.
Due spettacoli che hanno in comune la musica suonata da una band (formazione rock), ben posizionata sul palco, interpretato da giovani promesse e canzoni prese dal repertorio di noti artisti quali Green Day nel primo caso e Eugenio Finardi nel secondo caso.
Ma il denominatore comune finisce qui.
“American Idiot” che ha terminato ieri le repliche al Teatro della Luna (e forse anche il sua avventura italiana), è un titolo che ha iniziato sei anni fa il suo cammino da Broadway, ispirato all’omonimo disco dei Green Day, un concept album ossia un album le cui canzoni raccontano una storia, con qualche aggiunta (per questione di numero e di racconto), nella cui libretto è intervenuto anche Billie Joe Armstrong, anima della band americana, che ha pure calcato il palcoscenico (spesso).
Vincitore da tanti premi è poi approdato in un piccolo teatro di Londra e in tour in Gran Bretagna, rivisitato (e forse migliore della sua versione originale).
La storia racconta di tre ragazzi della provincia americana che, immediatamente dopo i fatti del 11 settembre 2001, vogliono abbandonare la noia del paesello per avventurarsi nella grande città in cerca di fortuna e di sé stessi.
Ma avranno subito destini diversi. Uno non partirà perché la sua ragazza scopre di aspettare un bambino, un altro sarà attirato dalla vita militare e si arruola volontario nell’esercito americano, il terzo cercherà di vivere con la sua musica ma andrà incontro all’alienazione della droga.
Un anno dopo i tre si ritroveranno di nuovo a casa, sconfitti o forse solo consapevoli che la loro vita è li dove sono nati.
Molto rock, molte scene crude, dirette sono la caratteristica di questo spettacolo folgorante.
L’adattamento italiano è stato curato da Marco Iacomelli che ha proposto un ibrido tra la versione americana e quella inglese, inserendo delle proprie licenze non del tutto azzeccate (se siamo nel 2001/2002 perché inserire le immagini di Trump??. Se vengono scritte delle lettere nell’originale, perché utilizzare i cellulari quando al tempo la messaggistica era limitata agli sms?).
Gli interpreti sono tutti giovani e purtroppo inesperti per poter affrontare uno spettacolo di base drammatico.
Ma l’errore clamoroso è stato quello di non rendere comprensibile lo spettacolo agli spettatori.
“American Idiot” è molto cantato con canzoni (in inglese) anche difficili da seguire, ma che sono parte integrante della storia. Canzoni anche difficili, veloci, con tante parole la cui comprensione sfugge a chi non conosce i Green Day e a chi non è madrelingua inglese.
Iacomelli ha scelto di non tradurre i testi, scelta giusta per il cantato ma assolutamente sbagliata per la comprensione dello spettacolo stesso.
Bastava una proiezione dei testi tradotti con un escamotage scenografico come fatto due anni fa in “Spring Awakening” la cui traduzione dei testi cantati in lingua veniva proiettata su una grande lavagna che faceva da fondale fisso.
Così “American Idiot” pare solo un concerto di una cover band neanche tanto brava. L’essenza dello spettacolo non viene fuori. Un’occasione persa.
Musica Ribelle visto sabato sera al Teatro Goldoni di Livorno in anteprima (il tour dovrebbe partire con la prossima stagione teatrale) invece è senza rete. E’ totalmente nuovo.
Nel testo, nella scenografia. Non ha un libretto già collaudato. Un azzardo notevole che poche produzioni italiane fanno. Anzi troviamo difficile ricordare un titolo dalla scrittura totalmente nuova senza alcun riferimento di libri, film, storie, biografie, personaggi o altro.
La produzione di “Musica Ribelle” è la stessa del bellissimo “Spring Awakening”, la Todomodo di Livorno.
Come in Spring la regia è affidata al bravissimo Emanuele Gamba. E tra i protagonisti ritroviamo la coppia di Spring ovvero Federico Marignetti e Arianna Battilana, perfetti nella recitazione come nel canto.
La storia di Musica Ribelle è ispirata dalle canzoni di Eugenio Finardi.
Nella Milano del 2017 un gruppo di ragazzi in cerca di emozioni forti, ognuno con carattere e storia diverse, prende in affitto uno scantinato da Ugo (Massimo Olcese) un personaggio molto freakettone che non esce mai di casa, per poter organizzare un rave fatto di tecno e droga.
Ma nello scantinato trovano cimeli di un’epoca per loro lontana e sconosciuta come un ciclostile, gli strumenti per una radio privata, ritagli di giornale d’epoca, manifesti.
Ugo è molto geloso e li esorta a non toccare nulla.
Ma Lara93 (Arianna Battilana) il capo del gruppo, trova e si appropria dei diari di Ugo.
Scopre così un’epoca a lei sconosciuta, quella degli anni ’70, dei primi raduni musicali (come Parco Lambro), della scoperta delle droghe pesanti, delle radio pirata, dell’amore libero, del femminismo di un sogno di libertà che sfocia però nella violenza armata delle Brigate Rosse.
Le due realtà si incroceranno solo alla fine, quando Ugo (all’epoca soprannominato Vento interpretato da Federico Marignetti), si ritroverà di fronte all’amico Zerbo (Alessandro Baldi e Luca Viola anni ’70) una testa calda diventata poi borghese, che si scoprirà essere il padre della giovanissima e dolce ragazza della Milano Bene Arianna (Albachiara Porcelli)
Ciò che colpisce di questo spettacolo, con la canzoni di Finardi, conosciute e meno conosciute, è la capacità degli interpreti di entrare e uscire dai doppi personaggi (anni ’70 e anni 2000) che si ritrovano ad interpretare, spesso anche molto diversi tra di loro.
Così come negli anni ’70 troviamo una Patrizia (ragazza di Vento), sognatrice e innamorata, ma forte dei propri ideali, interpretata da Mimosa Campironi, che diventa la Jenny un po’ pazza anticonformista, spudorata degli anni 2000.
O come la lesbica un po’ timida Katia (degli anni 2000), che si trasforma nell’attivista e fomentatrice Carla degli anni ’70 interpretate entrambe benissimo da una bravissima Marta Paganelli.
Anche in questo spettacolo come in Spring Awakening, grande utilizzo dei così detti Swing, performer presi sul posto per animare e fare gruppo sul palco e sotto il palco.
Al momento ci sono delle sbavature e dei limiti di testo, lunghezze che dovrebbero essere tagliate o personaggi che dovrebbero essere maggiormente sviluppati.
Ma prima della prossima stagione lo spettacolo prenderà una sua forma e una sua identità definitiva pronta ad affrontare il pubblico italiano ancora poco “Ribelle”
Per chi è in Toscana e vuole essere tra i primi ad applaudirlo, ricordiamo le date al Teatro Era di Pontedera dal 21 al 23 Febbraio.