Com’è giusto che sia, è il titolo del nuovo romanzo di Marina Di Guardo, ma anche il motore razionale che spinge la giovane serial killer protagonista del libro a uccidere uomini colpevoli di violenze nei confronti di alcune donne. Una serie di omicidi pensati come da un lucido medico che “somministra morte”.
Questo però è solo il percorso esteriore, in realtà molto altro si nasconde sotto l’apparenza di una sorta di missione. L’angelo vendicatore che Dalia crede di essere ha un motore inconscio, da cui prendono origine le sue scelte e su cui la sua realtà quotidiana si plasma. Quando l’abisso spalancherà le fauci la condotta di vita portata avanti sarà il peso che impedirà di non finirci dentro, di essere ingoiati da esso.
Edito da Mondadori il romanzo di Marina Di Guardo si distingue per la capacità dell’autrice di descrivere un vero e proprio “girone infernale” con uno stile teso, ma non tralasciando i sentimenti, l’umanità dei personaggi raccontati.
Marina Di Guardo, novarese di nascita e cremonese di adozione, ha pubblicato per Nulla Die i romanzi L’inganno della seduzione e Non mi spezzi le ali; per Feltrinelli, nella collana digitale Zoom, il thriller Bambole gemelle e per Delos Books il racconto horror Frozen bodies. Proviene dal mondo della moda, passione che ha trasmesso ad una delle sue tre figlie, la fashion blogger Chiara Ferragni.
La protagonista del tuo libro è una sorta di “angelo sterminatore” mossa da un pensiero spietato e razionale. È frutto solo della tua fantasia o hai preso spunto da qualche assassino seriale realmente esistito?
Non ho preso spunto da nessun assassino seriale, solo dalla mia fantasia. Mi piaceva pensare a una donna forte, giovane, con grande grinta e voglia di mettere le cose a posto, come faccio dire a lei. Ovviamente, non appoggio le sue scelte, ma quando ho iniziato a tratteggiarla, mi sono resa conto che Dalia decideva i travestimenti da usare per irretire le sue vittime, il modus operandi, gli schemi per catalogare gli uomini indesiderabili, quelli che dovevano sparire. Come spesso mi accade quando scrivo, è stato il personaggio a prendere le redini della storia e a condurmi dove dovevo dirigermi.
Ci sono due motori che accendono le scelte di Dalia. Uno parte dalla sua mente e l’altro dal suo inconscio. Dalia non risolve, distrugge. Perché?
Dalia ha tremendi, devastanti traumi alle spalle, non riesce a dimenticare. È una brillante studentessa in medicina, è bellissima, piena di talento, potrebbe costruirsi un’altra vita, ma sceglie la morte, la distruzione. Non vede altro. Ed in questa visione univoca che sta il significato delle sue scelte.
Il rapporto con il mondo maschile della protagonista è complesso e doloroso, come se rispecchiasse l’inferno che porta dentro di sé…
Gli uomini che Dalia ha incontrato, a cominciare dal padre che l’ha abbandonata ancora prima che nascesse e che ha visto solo di sfuggita con la madre durante una passeggiata nel centro di Milano, sono personaggi biechi, meschini. Dalia ha eretto contro di loro un muro invalicabile che le impedisce di scoprire altre realtà, altri modi di essere. Quando conosce Alessandro, uno studente in filosofia che lavora in un bar vicino all’Università, il suo astio, la sua visione apocalittica del genere maschile sembra, almeno nei suoi confronti, vacillare, ma…… Non posso raccontare di più, lascio ai lettori la voglia di scoprire cosa succederà.
Una domanda che esula dalla tua produzione letteraria. Sei la mamma di una delle giovani donne più in vista del momento. Com’è il tuo rapporto con Chiara?
Un rapporto molto bello e profondo, di grande complicità e vicinanza nonostante la lontananza geografica.
Finiamo con un’ anticipazione? Hai già dei nuovi progetti in cantiere?
Sto già scrivendo un altro thriller ambientato sulle colline del piacentino, luoghi a me molto cari. Una storia torbida, a tinte molto fosche, che obbedisce come gli altri miei romanzi alla regola: “Non fermarsi alla superficie, a quello che appare, ma scavare, fino ad arrivare all’abisso più profondo”.