Seconda settimana di repliche per lo spettacolo Sulle Spine di Daniele Falleri in scena fino al 12 febbraio al Teatro Ar.Ma di Roma. Ad interpretare il testo è Ivan Giambirtone affiancato da Alessandro Solombrino. La regia è firmata da Daria Veronese direttrice del Teatro romano di via Ruggero di Lauria.
Abbiamo intervistato il protagonista
Parlaci del tuo personaggio….
È sempre un po’ strano parlare di un personaggio che si sta interpretando, portarlo fuori dalla scena e analizzarlo, tende a sfuggire, ma proviamoci. Silio, questo il suo nome, vive una vita compressa, non è riuscito a fiorire per quello che è, e che sente, le persone a lui più vicine, i suoi familiari, chi in un modo chi in un altro lo hanno sempre limitato tentando di incanalarlo verso percorsi a loro parere più adatti, ma ad un certo punto la pressione emotiva e psicologica è troppa, e la situazione esplode coinvolgendo chiunque gli stia vicino.
Se dovessi pensare a quanto questo personaggio mi somigli, risponderei che somiglia a ciascuno di noi, non esattamente per le cose che gli accadono e per il modo paradossale in cui accadono, ma perché tutti, chi più chi meno, ci siamo sentiti dire cosa fare e non fare, come essere e non essere, e questo sicuramente ci ha causato un disagio emotivo. Ecco, Silio è una persona che con gli anni ha accumulato un grande disagio emotivo e decide di scrollarselo di dosso, e la scrollata è energica.
C’è molta follia in questo testo.. cos’è per te la follia?
Bella domanda! La follia clinica è un argomento al quale non mi permetto di avvicinarmi non avendo le competenze, ma per il resto proverò a fare un’analisi. La definizione di follia e dunque la sua percezione da parte della società è sempre influenzata dal momento storico e dalla cultura, dunque quello che in un periodo può essere considerato folle, in un altro non lo è, quindi essere definiti “folli” può anche essere positivo, segno di visione alternativa o meglio di visionarietà ; In questo nostro periodo storico spesso, a mio avviso, si definisce follia ciò che non lo è, deprivando alcune situazioni cruente del giusto approfondimento di cui necessiterebbero, i famosi raptus spesso non sono follia ma accumulazione di soprusi, vessazioni, alla fine come una pentola a pressione si esplode.
Ti affianca Alessandro Solombrino, che ruolo ricopre?
Alessandro è un ottimo compagno di scena , il suo contributo è molteplice, rivestendo vari ruoli, in alcuni permette la catarsi di Silio, nel ruolo silente e compassato dell’analista invece è essenziale per fare da contraltare alla sua esuberanza, una specie di alter ego, la sua coscienza forse.
Sei diretto da Daria Veronese, com’è stato lavorare con questa regista?
Daria la conoscevo già, ma non avevamo mai lavorato insieme, all’inizio c’è stata una fase conoscitiva, io sono un fiume in piena nella fase costruttiva. Propongo delle cose ma poi magari il giorno dopo non ne sono più convinto, lei invece ha un approccio più pacato, più attendista, ha una sua visione chiara, ma fa si che il materiale cominci a prendere forma per poi tirare le fila, ed è stata questa diversità che ci ha consentito di trovare un equilibrio creativo, mi sono sentito libero di sperimentare per trovare la verità in quello che lei voleva accadesse.
Molti i testi contemporanei, perché proprio il testo di Daniele Falleri?
Molto semplicemente perché mi piace, dal punto di vista psicologico permette di fare un bel viaggio all’interno di quel mistero chiamato mente, è drammaturgicamente ben scritto, brillante ma allo stesso tempo profondo e poi perché dal punto di vista attoriale è veramente divertente, come stare un’ora sulle montagne russe
Ci sono lavori in cantiere??
Ad aprile debutterò al Clan-Off Teatro di Messina con il testo “EMIGRANTI” dell’autore polacco Slawomir Mrozek, con Rosario Altavilla per la regia di Paolo Orlandelli.