Si è conclusa ieri la 28a edizione del Trieste Film Festival. Il pubblico ha visto alternarsi sullo schermo di questa nove giorni, diversi talenti creativi dell’Europa Centro Orientale. Numerosi gli spunti per riflessioni sia morali che legati prettamente all’estetica delle immagini.
In un tempo come il nostro, in cui si paventano muri, in cui si tirano fuori vecchi spettri che si credevano sepolti; un tempo che applica la politica del sospetto; è sempre più difficile per chi si occupa di scrivere, trovare il modo di raccontare la speranza.
La speranza del risveglio dal torpore. Quel torpore che crea l’illusione di una sicurezza basata sul rafforzamento dei confini, delle linee di demarcazione.
In situazioni come quella del Trieste Film Festival, abita ancora la speranza.
Trieste Film Festival, è quel posto in cui coesistono rappresentanze creative che in patria, per un motivo o per un altro, rischiano di venire imbavagliate.
È quel posto in cui è possibile trovare nello stesso contest le diverse etnie, una volta afferenti all’area dell’Ex Yugoslavia, oggi confrontarsi attraverso le diversità espressive.
È questa la speranza che fornisce il Trieste Film Festival: un luogo dove la creatività e il talento espressivo trovano una pace senza muri.
Premi e premiati
Ad essere premiate ieri sera realtà diverse, il sindacato dei critici cinematografici (SNCCI) ha conferito il premio come Miglior Film Straniero a Neruda di Pablo Larraín, definito da molti il maggior regista cileno vivente. Il premio, conferito sempre dall’SNCCI, come miglior film italiano è andato a Marco Bellocchio per Fai bei sogni, tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Gramellini e di cui abbiamo scritto qui.
Il premio InCe (iniziativa Centro Europea) è stato assegnato a Sierranevada di Cristi Puiu.
Il premio Matador per il miglio soggetto è stato assegnato a Cono d’ombra di Luca Mastrogiovanni; mentre per il miglior progetto a Parents di Artur Wyrzkowsky.
Il premio Osservatorio Balcani e Caucaso come miglior documentario è andato a The good postman di Tonislav Hristov.
Il premio giuria Erasmus è andato a Plateia Amerikis Yannis Sakaridis.
Il premio SkyArte è andato a Koudelka Shooting Holy Land, di Gilard Baram.
Il premio Corso Salani è andato a Laura Viezzoli per aver raccontato sapientemente l’immobilità in La Natura delle Cose.
Il miglio cortometraggio in concorso è stato Written/Unwritten di Adrian Silisteanu.
Il miglior documentario KOMUNIA di Anna Zamecka.
Ad aggiudicarsi il premio come miglior lungometraggio è stato DOBRA ŽENA (A Good Wife) di Mirjana Karanović.
Gli orrori della guerra dei Balcani raccontati con gli occhi di una madre e moglie. Un racconto che ricorda molto quello delle vite delle donne del nostro sud: che silenziose cercano di non rimanere schiacciate del peso dei propri uomini. Un racconto che è a suo modo, una speranza per la ricerca di una redenzione.
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La serata ha visto premiata una splendida Monica Bellucci con il premio Eastern Star, per il lavoro On The Milky Road di e con Emir Kusturica.
A seguire della premiazione è stato proiettato On The Milky Road, riempiendo la sala di delicatezza surreale e consegnando al pubblico un’altra speranza.
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