Quando si dice la coincidenza. Nelle sale cinematografiche italiane e mondiali sono attualmente in programmazione due film che hanno come tema l’inquisizione religiosa. Ma le due pellicole trattano l’argomento in modo totalmente opposto.
La prima in modo profano.
Un paio di settimane fa è uscito il tanto atteso “Assassin’s Creed” con Michael Fassbender, Marion Cotillard, Jeremy Irons, Charlotte Ramplig.
Fassbender (che è anche produttore del film), veste i panni del protagonista del noto videogioco omonimo realizzato da Ubisoft, un gioco basato sul ritorno al passato di assassini che vogliono sconfiggere i mali storici del momento.
Avventure temporali quindi che iniziano nel nostro tempo per poi spostarsi nella Terza Crociata, Rinascimento, America Coloniale, Rivoluzione Francese e la Londra dell’Epoca vittoriana.
Un bel modo per imparare la storia c’è da dire.
La versione cinematografica invece si affida ad un’ambientazione temporale diversa dove il protagonista viene catapultato più di una volta nella Spagna di fine 1400, anzi proprio nell’anno di Colombo, 1492, anno non solo noto per la scoperta dell’America, ma (poco) noto, per essere in pieno periodo di inquisizione cattolica, dove, per volere della Regina Isabella, venivano perseguitati, in particolare modo nella zona dell’Andalusia, sia gli ebrei che i mori (musulmani).
Callum Lynch (Fassbender) è un discendente degli Assassini, gruppo dedito a combattere gli inquisitori che erano alla ricerca della “prima mela”, quella del peccato originale.
Lynch, condannato a morte, viene “salvato” dalla pena capitale da Sophia Rikkin (Cotillard), una scienziata dedita alla ricerca del fattore che genera la violenza.
E, secondo lei, questo fattore si nasconderebbe nella mela. Mela che solo gli Assassins sanno dove è nascosta. Per trovarla la Rikkin sottopone Lynch ad un violento viaggio nel tempo e alla sua stessa reincarnazione dell’avo assassino.
Ma se Lynch è un avo assassino, Alan Rikkin (Irons), padre di Sophia, è avo degli inquisitori. Quindi il suo scopo principe è quello di ottenere la mela per scopi tutt’altro che nobili.
Quindi qui l’inquisizione spagnola è in realtà un pretesto narrativo per un film, accolto male dalla critica, meno dal pubblico, è tutto una lotta e memorabili salti stile parkur (il buttarsi da un tetto all’altro o scavalcare muri altissimi correndo…). Riproducendo solo in questo caso, le immagini del videogioco.
Assassin’s Credd è talmente piaciuto a Fassbender (che comunque ha ammesso di non conoscere il videogioco fino a quando non gli è stato proposto il personaggio), tanto da diventare lui stesso produttore.
Che ha già annunciato il sequel si dice ambientato ai tempi (molto più recenti), della Guerra Fredda.
Nonostante la critica il film è godibile. Un po’ noiosa la prima parte, decisamente meglio la seconda. Certo le prove attoriali, nonostante i nomi del cast, non sono il massimo (a volte la Cotillard pare sia sul set per caso e Jeremy Irons, dal glorioso glorioso passato, ancora una volta pare svolga il compitino (si perché anche nella pellicola in cui appare precedente a questa, Batman Vs Superman, dove interpreta il ruolo del fedele maggiordomo, la sua interpretazione pare scolastica).
La seconda pellicola invece affronta l’argomento inquisizione in modo sacro.
Sugli schermi da poco meno di una settimana è l’ultimo film di Martin Scorsese, il lunghissimo (ma non tedioso) “Silence” che vede tra gli interpreti principali Andrew Garfield (si l’ultimo poco convincente Uomo Ragno), Adam Driver (si il cattivo Kylo Ren di Star Wars il risveglio della forza) e Liam Neeson (beh qui l’elenco sarebbe davvero lunghissimo).
La drammatica e cruda storia si svolge nel Giappone del diciassettesimo secolo epoca in cui i frati gesuiti portoghesi diffondevano il credo cattolico nella terra buddista del sol levante.
I vecchi samurai non vedono di buon occhio questa evangelizzazione e iniziano una durissima repressione contro chiunque si professi cristiano con torture efferate indotte sia ai giapponesi convertiti (anche a quelli che hanno rinnegato quella fede), sia ai frati gesuiti.
Tra loro Padre Ferreira (Neeson) di cui i suoi confratelli in Portogallo ricevono dopo mesi una lunga lettera. Non volendolo dare per morto, due giovani confratelli Padre Rodrigues (Garfield) e Padre Garupe (Driver), partono verso il pericolosissimo Giappone alla ricerca di Ferreira loro stesso mentore.
Arrivati in Giappone con l’aiuto di Kichijiro, un giovane ubriacone pescatore cristiano dalla drammatica storia personale, si fermano a lungo in un piccolo villaggio di giapponesi cristiani, nascosti di giorno in una vecchia capanna per il timore che qualche shogun li trovi.
Raccontare tutto il film è complesso (e lungo, la pellicola dura due ore e quaranta), così come sono tante e complesse le riflessioni e le domande teologiche che si pongono.
Vale la pena soffermarsi sulla bravura attoriale di Garfield (preso ancora sugli schermi nel drammatico ruolo protagonista dell’ultimo film di Mel Gibson), frate intenso, ostinato, umile con i poveri giapponesi, caritatevole, ma così egocentrico da elevarsi a Gesù (drammatica la sequenza dove ripete i fatti e le emozioni forti del Getzemani.) Questo paragone reso ancora più incisivo dalle inquadrature di Scorsese che a volte lo ritrae come l’iconografia più classica di Gesù Cristo.
Ottima anche la prova di Adam Driver, dimagrito di parecchi chili, quasi dal volto deformato da grandi orecchie e guance scavate che risaltano ancora di più i particolari del suo viso non perfetto, ma intenso. Driver è il frate apparentemente meno legato al suo credo, ma capace di non abbandonarlo in un drammatico gesto estremo.
Incisiva la recitazione di Liam Neeson, il frate che sconvolgerà la sua stessa esistenza, arrivando a considerazioni e a giustificazioni che ci trovato totalmente d’accordo, basati su pensieri forti sul simbolismo religioso e sull’esternazioni del proprio credo (cattolico o altro che sia).
E’ curioso quindi come proprio in questo lungo periodo di violenza ancora una volta basata (crediamo solo come giustificazione) sulla coercizione ad un credo verso popoli che ne professano un altro, il cinema americano tratti dell’inquisizione.
Che, in modo profano o sacro arrivano alla conclusione che la convinzione superba di essere nel giusto e la spinta che tale convinzione porta alla violenza per poter essere diffusa sia alla base dei ogni male del nostro mondo da sempre.