Al festival dei Mille Occhi abbiamo incontrato Paolo, una delle anime di questa kermesse dedicata al Cinema, con la C maiuscola.
Paolo Venier, come un maestro d’orchestra, guida gli strumenti e grazie a lui i capolavori prendono vita in sala.
La cabina del proiezionista: un vero e proprio luogo sacro.
Nel silenzio della sala, il pubblico si prepara al susseguirsi di proiezioni. Mille Occhi, che si abbandonano tra gli intrecci della trama. Nella poesia dei bianco neri. Tra il calore di quei toni dati dalla grana della pellicola.
In fondo alla sala, su in alto, una finestrella. Dalla finestrella un fascio di luce. Quella è la finestrella dalla quale “esce” la magia.
Una cosa che contraddistingue il festival I Mille Occhi, è la scelta di proporre delle pellicole che riescano ad andare oltre il tempo; infatti oggi assistiamo alla proiezione di Gente così, di Fernando Cerchio. Film del 1949 in 35mm.
Ad entrare nella cabina di proiezione, in pellicola, si prova la stessa sensazione che Alice, provò la prima volta che, dopo aver seguito il bianconiglio, si trovò catapultata in un altro luogo. Dove spazio e tempo si sospendono.
Incontriamo Paolo Venier, persona sensibile e realmente appassionata di cinema.
Paolo racconta di come, poco più che seienne, avesse iniziato a fare riprese in 8mm; di come con il tempo avesse coltivato la sua passione che lo portò a occuparsi delle proiezioni dei cineforum a livello scolastico; fino ad arrivare a lavorare per un’emittente televisiva, per poi ritornare al suo primo amore di cellulosa.
Paolo Venier ci racconta di come il suo sia diventato, nel tempo, un mestiere che rischia di scomparire. Il prezzo del progresso. La macchina che sostituisce l’uomo.
È sufficiente passare qualche minuto nella cabina di proiezione, per rendersi conto che, se si tratta di proiettare in pellicola, il ruolo di Paolo è fondamentale.
È necessario, infatti, seguire l’andamento del film per “ricaricare i rulli”. Su ogni rullo, con più di 600 metri di pellicola sono presenti circa 20′ minuti di film. Questo significa che su un film di 80’minuti, i rulli vanno ricaricati quattro volte incastrando perfettamente la fine di uno con l’inizio dell’altro limitando il più possibile i salti di fotogramma.
Negli anni la pellicola, a causa dei costi e dell’attenzione necessaria per il supporto, è stata messa da parte. Tanto da portare la stessa Kodak, la più grande produttrice a livello mondiale di pellicola, a rivedere il proprio piano industriale.
Festival come I Mille Occhi, ma anche famosi registi hanno condotto delle vere lotte affinché fosse “protetto” il supporto della pellicola.
Non si tratta di una rivoluzione di nostalgici ma delle vere e proprie proteste riguardo ad un fatto di resa filmica.
Anche ad un occhio poco esperto risulta evidente come l’intensità che riesce a restituire la grana all’immagine di una pellicola, è decisamente ineguagliata dal digitale.
Un amore dichiarato da registi come Sorrentino, il quale ha girato in 35mm sia La Grande bellezza che Youth; ma anche Spielberg con il suo ultimo Ponte delle Spie.
Il più cinefilo dei cineasti, Tarantino, arrivò a dire che le proiezioni digitali fossero “la morte del cinema” aggiungendo
“per me, le proiezioni digitali non sono altro che televisione in pubblico. La gente esce di casa per guardare un dvd con un gruppo di sconosciuti, nella stessa stanza”.
Sua fu infatti l’operazione di salvare dalla chiusura un cinema che frequentava da ragazzo, acquistandolo e trasformandolo in un cinema ad esclusiva proiezione di 35mm.
Per chi si trovasse a Trieste, ancora fino al 22 Settembre, è possibile gustarsi la poesia del Cinema grazie ai Mille Occhi…senza dover raggiungere il New Beverly di Tarantino a Los Angeles.
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