Premio Charlot, Bollani chiude tra gli applausi l’edizione 2016

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Da circa venticinque anni la città di Salerno ospita il Premio Charlot, l’evento più importante dell’estate cittadina: una giuria formata da  giornalisti provenienti da differenti testate nazionali si riunisce entro il mese di Maggio e decide i nomi dei vincitori delle varie sezioni della comicità che si siano distinti per bravura ed originalità.

Il Premio è stato concepito inizialmente come un festival della comicità a tutto tondo, tra CinemaTelevisione e Teatro,  che si estende oltre i confini regionali della Campania – basti ricordare che dal 1995 l’originario Festival degli Emergenti è diventato a tutti gli effetti una Rassegna Nazionale – offrendo a giovani comici la possibilità di  ricevere un importante riconoscimento per il proprio lavoro.

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In effetti grazie al Premio Charlot l’estate salernitana viene animata da un bel programma di eventi diffusi sul territorio che accoglie molti consensi e intrattiene le più diverse tipologie di spettatore, valorizzando le tante location di indubbia bellezza che il territorio campano offre da sempre.

Alla serata di Gala tenutasi all’Arena del Mare, teatro all’aperto posizionato nella suggestiva cornice del porto turistico della città, sono stati premiati giornalisti, fiction, spot televisivi e autori televisivi, scivolando talvolta su lungaggini, omaggi ed interventi un po’ naif.

Confessiamo che dispiace un po’ non aver potuto approfondire durante la serata la qualità del lavoro premiato, soprattutto quello degli autori emergenti:  la struttura dell’evento, presentato dal giornalista Gianmaurizio Foderaro,  è risultata slegata dallo spirito della manifestazione intesa nella sua accezione originaria come una sorta di talent scouting che indaga lo stato dell’arte delle nuove proposte nel panorama dello spettacolo; a questa riflessione di aggiunge un sito web non del tutto aggiornato e che presenta ancora il Premio Charlot come evento focalizzato sull’arte della comicità – quando è ovvio che l’eterogeneità degli autori premiati  estende i confini del festival ben oltre quel settore.

La Madrina

Madrina della serata è stata Alba Parietti, che con più spazio di manovra forse avrebbe potuto contribuire a limare i vuoti dovuti ad una disorganica organizzazione della scaletta; ci è dispiaciuto vedere un Giancarlo Giannini visibilmente annoiato che non è stato invitato da nessuno a condividere con il pubblico un cenno delle sue qualità recitative.

Massimo Ghini ed Emilio Solfrizzi hanno invece regalato al pubblico attimi di elegante allegria, ricevendo tutta la nostra stima e tutti i nostri applausi più grati, come Giovanni Esposito che ha portato un simpatico videomessaggio di Giorgio Panariello.

Il vero protagonista

Il vero e indiscusso protagonista della serata, però, è stato uno strepitoso Stefano Bollani forte di un pianoforte a coda e di un Fender Rhodes (piano elettrico) che suonava senza soluzione di continuità: siamo stati investiti da una performance ricchissima, trasversale, ininterrotta, discorsiva, divertente, affascinante. Sentirlo suonare temi musicali noti ed impreziositi dai suoi drappeggi jazz ha riempito l’aria di immagini che si affollavano sulla sua testa china, come apparizioni in un sogno.

Un giro in vespa sulla Costiera che si trasforma in una corsa sulle spiagge del Brasile, Smile di Chaplin che si mischia a un irriconoscibile Ballo del Qua Qua e a un rivisitato Fred Bongusto, mentre in lontananza Heidi fiorisce di grappoli di note e si intreccia con mille altre riflessioni musicali. Bollani nutre il suo pubblico con pezzi divertentissimi come “Microchip” , nell’album Arrivano gli Alieni, accogliendo le richieste di una platea salernitana tutt’altro che impreparata e combattendo contro un Paolo Conte che spesso si impossessava di lui borbottando jazzisticamente frasi incomprensibili.

Spassandosela insieme a noi ci ha dimostrato di essere uno specialissimo live performer, di ricercare e amare il contatto con la platea, che rispetta molto; ci ha incantato trasportandoci con semplicità e fluidità dallo struggimento della malinconia alle più sonore risate, stando seduto sul nostro stesso gradino davanti al portone di casa, nel cortile di un’estate afosa, intrappolati in una città il cui pubblico viene troppo spesso sottovalutato.

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