Arriva in scena, allo Stabile Sloveno di Trieste, Avvenimento nella città di Goga, tratto dall’opera del 1930 di Slavko Grum Dogodek V Mestu Gogi con regia firmata da Igor Pison. Sul palco un gioco sapiente tra classico e pop.
Goga, una città dove tutti aspettano che accada qualcosa e quel qualcosa è rappresentato dal ritorno a casa di una ragazza dopo un matrimonio andato male. L’avvenimento incrinerà i precari equilibri e farà emergere tutti i pettegolezzi della cittadina.
All’apertura del sipario ci troviamo davanti ad una “città orizzontale”, meravigliosa idea della scenografa Petra Veber, dove le case della città sono rappresentate da diversi tappeti su cui sono poggiati gli oggetti di scena ed i costumi propri di quella casa e di quei personaggi.
Date le particolarità sceniche dell’allestimento in un primo momento si era pensato di far fruire il pubblico della visione prospettica della galleria, ma così non sarà. Noi abbiamo assistito all’anticipazione e possiamo garantire che l’effetto scenico è comunque assicurato.
Avevamo già avuto modo di apprezzare la regia di Igor Pison in Rosso Venerdì ed in questo allestimento Pison decide di uccidere il mostro: ci racconta infatti che Dogodek V Mestu Gogi, per la letteratura slovena, è un testo che nella carriera scolastica di uno studente ricorre continuamente;
«Un lavoro fin troppo studiato a scuola, un classico della nostra letteratura ma a vederlo da un altro punto di vista rivela aspetti alquanto lontani dai classici. Una felice anticipazione, quasi, dei film di Tim Burton. O per dirla con Magris, un lavoro intriso di un’ironia e un umorismo molto mitteleuropei. Grum, che aveva frequentato i teatri di Vienna, possedeva grande padronanza di quegli ambienti».
Pison quindi lo fa alla sua maniera, sempre molto illuminata, facendo interpretare tutti i ruoli dello spettacolo a due soli attori Daniel Dan Malalan e Patrizia Jurincic che, proprio nella amata miscela musica&teatro del regista, non solo recitano ma hanno anche il compito di interpretare la colonna sonora supportati in scena dal trio d’archi (la violinista Ana Obreza, la violista Valentina Bembi e la violoncellista Irene Ferro Casagrande) della Glasbena matica diretti dal maestro Igor Zobin.
In questo spettacolo tutto appare perfettamente funzionante: dalle scelte sceniche a quelle musicali, dalle luci ai movimenti ma, oltre alla già citata bravura libera e visionaria di Pison, non possiamo non soffermarci sulle qualità dei due attori e cantanti: Daniel Dan Malalan e Patrizia Jurincic che riescono, in qualsiasi dei ruoli interpretati, ad essere particolarmente credibili, dote rara per un universo attoriale fatto troppo spesso da caratteristi.
Particolarmente apprezzabile la loro capacità di cambiare registro, dal grottesco al drammatico, dal violento al sognatore, addirittura da uomo a donna, semplicemente passando da un tappeto ad un altro instillando nel pubblico il dubbio che sia entrato in scena un nuovo attore.
Ma forse il pregio più grande di questo allestimento sono i tempi teatrali: tutti assolutamente perfetti. Vale per i momenti musicali, per i momenti parlati ed anche, e soprattutto, per i silenzi.
Uno spettacolo che consigliamo a tutti gli amanti del teatro e se, come noi, non parlate lo sloveno non vi preoccupate, come al solito è sovratitolato e facilmente fruibile.
In scena allo Stabile Sloveno di Trieste tutti i week end fino al 28 febbraio. Nel foyer troverete la mostra “La bellezza salverà il mondo”, dedicata allo scenografo e costumista Igor Pahor, collaboratore del teatro scomparso prematuramente nell’ottobre scorso, e allestita dall’associazione per l’arte Kons.
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