Ancora temi sociali in proiezione al Trieste Film Festival con Bolesno di Hrvoje Mabic. Con Ana Dragicevic . Un documentario, di 95 minuti fatti di solitudine, intolleranza e tortura.
In croato Bolesno vuol dire malata. Infatti è così che i genitori etichettano Ana, protagonista del documentario, una volta che lei rivela loro di essere lesbica.
E se l’omosessualità è una malattia, vien da sè, che vada curata. Ed è per questo che i genitori la rinchiudono in uno ospedale psichiatrico sotto le cure di una dottoressa convinta di poter guarire, attraverso una terapia farmacologia e comportamentale, l’omosessualità di Ana.
Il periodo del ricovero coatto, durato circa cinque anni in tutto, si trasforma in un vero e proprio inferno. Un inferno fatto di incubi, paure e soprusi.
È inevitabile che tutto questo, una volta dimessa, avrà delle conseguenze nella vita di Ana. L’ossessione della mancanza di fiducia nel prossimo; l’incapacità di amare; l’enorme solitudine, l’unica cosa che la terrà in vita sarà la vedetta nei confronti di chi le ha fatto tutto questo.
Una vendetta dapprima arrabbiata e cieca, desiderosa dell’eliminazione fisica di genitori e medici, poi più ragionata attraverso le strade ufficiali fatte di tribunali e avvocati.
Bolesno è un documentario forte che affronta temi quanto mai caldi ed impellenti della nostra contemporaneità.
Sul piano prettamente tecnico forse una leggera asciugatura lo renderebbe più fruibile anche a un pubblico più ampio, senza nulla togliere alla profondità drammatica.