Paolo Zanardi, voce inconfondibile, torna con il suo nuovo lavoro, Viaggio di ritorno, è un tornare a casa con le luci dell’alba dopo una lunga notte persa tra le ombre e i fumi della città.
Paolo Zanardi, prende il suo cognome da un personaggio di Andrea Pazienza, il liceale Massimo Zanardi, perfido e amorale.
Questa scelta delinea un personaggio maledetto, irregolare, vicino a poeti come Piero Ciampi le cui debolezze fanno di loro personaggi grandiosi.
Paolo Zanardi, ha una voce inconfondibile, rotta dall’alcool e dal fumo come nella migliore tradizione di cantautori outsiders il cui gusto per una certa autodistruzione scorre tra i versi delle proprie canzoni.
Il suo stile è spiccatamente retrò, i suoi testi folli, lucidi e con uno sguardo decisamente neorealista.
Un poeta ubriaco, capace di osservare e raccontare le immense storie che prendono vita negli angoli dei bar.
Il suo nuovo lavoro, viaggio di ritorno, è un tornare a casa con le luci dell’alba dopo una lunga notte persa tra le ombre e i fumi della città.
Un disco che ricorda il passare del tempo, un connubio di sogni e realtà, di ebrezza e lucidità di giorni e notti, di passato e di presente con un futuro incerto ma in fondo positivo. La tristezza, infondo, si può lavare via come una notte sbagliata dalle prime luci del giorno.
Questo disco pieno di romanticismo è capace di guardare l’umanità tutta dall’alto di un ramo di un albero e allo stesso tempo ammirare le meraviglie di una natura che stiamo dimenticando troppo in fretta.
Viaggio di ritorno apre con un brano che prende il titolo dal verso della poetessa Mariangela Gualtieri, C’è splendore in ogni cosa. Canzone dedicata a Piero Ciampi e che presagisce un disco fatto di meraviglie e nostalgia, di rimpianti forse ma di grande stupore. C’è il racconto di un certo dolore in questo lavoro ma Paolo Zanardi non ci lascerà con l’amaro in bocca.
In questo eterno dualismo di pensieri e di generi il disco si fa attuale, almeno nei suoni, con il brano Ospedale militare, traccia rock che richiama le sonorità dei Franz Ferdinand ma che Zanardi commenta in una sua intervista:
“I miei ascolti di musica anglo-americana sono praticamente fermi a vent’anni fa, non mi sembra che ci sia stato molto, a parte il rap.”
Ancora una volta quindi un guardare nel proprio armadio, indossare sempre la stessa giacca e ripetersi allo specchio “ecco questo sono io”.
Viaggio di ritorno, omonima traccia che chiude il disco, è un brano intimista che parla a se stessi. Brano autobiografico, un inno alla propria esistenza.
Abbiamo vinto, abbiamo perso non me lo ricordo più […] l’ora che sono un signore ma nessuno mi vede.
Paolo Zanardi ci lascia tornando a casa, dopo aver visto cosa passa attraverso la notte, dopo aver visto i padroni farsi ancora più cattivi. Dopo essere rimasto solo a guardare il mondo torna a casa barcollando, con le prime luci del giorno a scaldare le mani. Zanardi ci ricorda che “è l’ora che la vita mi sembra una bellissima sposa.”
Questo piccolo, immenso lavoro da ascoltare nell’intimità di una fredda notte o osservando un lontano orizzonte dove nasce il sole.