Nick Oberthaler, tra l’antico e il moderno
Calculated Reserve. Una rivelazione interessante tra bronzi, architettura e contemporaneo. L’espressione tra passato e presente offre una visione suggestiva inducendo a nuovi stili comunicativi. Un percorso che il popolo romano e i turisti, di certo, dovrebbero scoprire per vivere nuove realtà museali.
Nick Oberthaler nasce in Austria nel 1981. Uno dei maggiori esponenti del panorama contemporaneo artistico austriaco espone le sue creazioni al Museo H. Christian Andersen di Roma. Dal 20 settembre al 16 novembre sarà possibile ritrovarsi in un ambiente poco conosciuto ma ricco di arte e intenti interessanti in una mostra dal titolo Calculated Reserve.
L’artista per la prima volta presenta la sua arte a Roma. A cura di Pier Paolo Pancotto e in collaborazione con la Galleria Layr di Wiena, Nick Oberthaler si esprime mediante una versione articolata rispetto la sua consueta pratica operativa, la quale analizza i valori fondamentali del linguaggio creativo. Spazio, luce, colore.
L’artista ama sperimentare contemplando l’uso di tela, carta, vernice, inchiostro e fotocopie che unisce a pittura, disegno e fotografia che messi in relazione danno vita a composizioni non figurative e di stile geometrico.
Di sicuro l’avanguardia è un messaggio eloquente e stimolante. L’esibizione si fonde con gli ambienti del museo. Due stanze all’ingresso e il piano superiore ospitano tende in vinile e in tela e delle teche che ospitano pezzi di carta, ben rifiniti e pronti per essere assemblati insieme per chissà quale idea. Una di esse è uno specchio. Interessante è la relazione che suscita con il soffitto.
Altri elementi in cartongesso simulano tele, tinte di rosa tenue – tinte preferite da Oberthaler – richiamando i colori delle pareti e degli ambienti. Non sono appesi, ma da terra appoggiate ai muri, sono impatto che fa riflettere. Segni di crocette in nero sono disposti nel mezzo, in senso verticale.
Le tende, colorate, filtrano la luce naturale. La lasciano entrare all’interno grazie al cotone semi-trasparente di cui sono composte. Stampate, riproducono immagini pubblicitarie, raffigurazioni di corpi di uso commerciale grazie alla tecnica del latex-print/inkjet.
Un ensemble particolare la quale induce ad una calma che non si può non percepire dentro.
Ciò che offre il primo piano, così, è un’atmosfera accogliente e pulita.
Mentre invece al piano terra si trovano descrizioni del Museo Andersen e calchi in gesso, statue in bronzo, progetti architettonici che lo stesso Andersen aveva pensato di poter realizzare.
Una mente fervida, quella di H. Christian Andersen, poliedrica e eclettica. Versatile e verso l’arte diretta in tutte le sue forme. La scultura denota una forte propensione all’idea di realizzare la Fontana della Vita e con il desiderio di creare un mega polo culturale, The World Center of Communication, La Città della Comunicazione, che avrebbe dovuto aver luogo a Bruxelles o in Svizzera, ma mai costruita.
Seguendo la sua filosofia, secondo la quale l’arte può cambiare l’umanità e produrre la perfezione, Andersen, norvegese di nascita e americano di adozione fece un viaggio in Italia. Visitò Venezia, Bologna, Firenze, e infine Roma dove soggiornò fino alla sua morte. Città che lo stimolarono molto a livello artistico, soprattutto lo guidarono verso il classicismo, il quale Andersen credeva potesse stimolare nell’osservatore un desiderio di automiglioramento.
Andersen donò la sua casa Villa Hélène, lo studio, i documenti e i suoi lavori al Governo italiano.
Progettata in stile neo-rinascimentale e eretta tra il 1922 e il 1925 su disegno dello stesso Andersen. Attualmente restaurata e convertita in museo, sito in Via Pasquale Stanislao Mancini a Roma, nel quartiere Flaminio.
Sotto l’affido della Galleria Nazionale di Arte Moderna che tutela sia le raccolte sia lo stabile, è composto da un seminterrato-deposito, il piano terra con i due saloni in cui sono esposte le sculture di H. Christian Andersen, il primo piano con terrazzo, più altri due piani di abitazione.
Ciò che coinvolge il visitatore sono questi ampi spazi con assemblate statue. Quasi ci si perde. Esse, sono distorte, si rispecchiano nelle tende in vinile, argentee, di Oberthaler. Movimenti ondulatori si creano dentro un’alternanza della vista attenta che richiede fantasia scenica.
Si passeggia attraverso il progetto della Fontana della Vita e disposti a terra si notano dei proiettori. Sulle pareti un solo volto, sembra fotocopiato, con i toni lilla, giallo e bianco e nero.
Un miscuglio tra l’antico e il moderno che lo stesso Oberthaler ha voluto esprimere lavorando grazie agli spazi a disposizione, cercando di sintetizzare il suo pensiero, viaggio dell’osservazione. Ciò che è osservato, l’essere osservato e chi osserva in un contesto unico di cui si fa tesoro nel momento vissuto.
Riconoscere un legame possibile tra l’espressione contemporanea e ciò che è stata estrinsecazione del passato è linguaggio visibile. Reso sintonico quando un artista si avvicina ad un altro e, sentendolo vicino al proprio modo di pensare, si ispira al suo percorso creativo.
Da un progetto dal titolo da Hendrick, che prevede di far conoscere altri artisti dell’area nordica in Italia, la preview stampa della scorsa settimana mi ha permesso di donarmi un pomeriggio alla scoperta di novità e di dimensioni, che seppure piccole e nascoste, cercano di smuovere l’andamento culturale romano, soprattutto facendone parlare per non perdere il filo conduttore dell’informazione e della rivelazione da visitare.
www.museoandersen.beniculturali.it