intervista a Gabriele Calindri e Michael Righeira.
Il Teatro Delfino di Milano è stato ancora una volta il palco per una intensa rappresentazione teatrale, questa volta resa possibile grazie alla regia di GABRIELE CALINDRI che dal 14 al 18 Maggio scorso ha portato in scena Casa di Bambola di H.Ibsen.
Abbiamo avuto il piacere di confrontarci con il regista e con Michael Righeira, nota icona pop Eighties con l’eccentrico duo di “Vamos a la Playa” che nel ruolo del dottor Rank, ha sperimentato il suo debutto a teatro.
Ecco a voi lettori de La Nouvelle Vague Magazine cosa ci hanno raccontato.
Gabriele, a 135 anni dalla sua stesura finale, questo intenso lavoro drammaturgico rivela i suoi segreti così fortemente attuali. Perchè ha scelto proprio questo testo?
Per amor di precisione, “Casa di bambola” è uno dei miei testi preferiti ma non è stata una mia scelta. Mi è stato proposto di allestire lo spettacolo in qualità di regista e ho accettato subito senza pensarci due volte. Io non faccio il regista di professione. Non so se mi capiterà mai più un’occasione simile e sono onorato di far parte di questa avventura, con questo cast, che voglio, per riconoscenza, ricordare: Maurizio Desinan (Helmer), Marta Lucini (Nora), Michael Righeira (Rank), Elisabetta Ratti (Linde), Marco Benedetti (Krogstad) e Rosanna Bruzzo (Anne Marie).
Il testo ha un po’ di anni, è vero, ma nulla di ciò che vi è scritto potrà mai passare di moda. Anzi, a maggior ragione oggi, temi di primaria importanza come l’amore, il pudore, la vergogna, il senso dell’onore, il prestigio sociale, la rivalsa, il bisogno di denaro, la paura, la povertà, la credibilità e altro ancora, sono argomenti immortali perché sono i fondamenti su cui si basa il vivere umano.
Se poi questi argomenti vengono scolpiti da una scrittura asciutta, profonda, da un autore che è anche acuto osservatore degli esseri umani, l’opera d’arte è pronta a farsi scoprire.
La critica ai ruoli tradizionali dell’uomo e della donna sembrerebbe cercare oggi nuove argomentazioni di approfondimento. Lei cosa ne pensa?
Ibsen fu invitato 19 anni dopo aver scritto “Casa di bambola” a un grande evento, in Norvegia, paragonabile alla nostra festa della donna. Lo accolsero come un eroe per aver scritto un testo tanto sconvolgente che, in qualche modo, promuoveva la donna come essere totalmente autonomo, indipendente e libera di pensare alla propria vita, senza alcuna influenza maschile.
Il grande autore deluse tutti e, dal mio punto di vista, fu molto coraggioso. Perché in quella situazione dichiarò di non aver scritto “Casa di bambola” pensando al ruolo della donna nella società. Ma di averlo fatto desiderando raccontare storie di esseri umani.
A mio avviso è limitativo pensare che il testo sia una specie di oracolo per le donne.
E’ piuttosto la forza espressa da questi personaggi, con le loro paure, dubbi, scelte, che emerge più di tutto. Un elemento che tuttavia si evidenzia, è il coraggio di due persone sposate a guardarsi dentro, a fare una specie di visita approfondita del proprio stato di salute. Osservare e decidere.
Parlarsi, dirsi le cose. Un grande insegnamento.
Fortissimo è il senso della “ presa di coscienza” , uno dei temi alla base di quest’opera. Che taglio ha voluto offrire lei al pubblico con la sua regia in questa occasione?
Prendere coscienza… Vuol forse dire comprendere e “sentire” al tempo stesso. Una specie di allineamento del sentimento e del ragionamento, senza fastidi reciproci, che porta alla lucida visione delle cose. Nora, la protagonista del testo, viene sempre descritta come una bambina, come una giovane donna senza esperienza, una bambolina, appunto.
Tuttavia i fatti la portano a vedere con altri occhi la sua vita, il suo matrimonio, il suo uomo.
Senza giudizio. Ed è come se di colpo la bambina diventasse definitivamente donna.
Un balzo dovuto alla presa di coscienza. E così esce da un ruolo non scelto da lei, che ha comunque scelto di recitare, per vedere cosa veramente ha di suo e cosa no. Per imparare a vivere. Per vivere meglio. Con se stessa, prima di tutto, e qui sta la vera rivoluzione, e poi con gli altri.
Sta già lavorando a qualcosa di nuovo ?
Sto lavorando con tre attori su un testo che parla della violenza sulle donne. Vorremmo presentarlo la prossima stagione. Il titolo provvisorio è “Questo non è amore”.
Un tema davvero complesso che va trattato uscendo dai soliti clichés e stereotipi.
Non per stupire, direi piuttosto per non banalizzare. Non dico altro ma solo per banale scaramanzia.
Grazie a Gabriele Calindri!
Grazie a voi dell’occasione. Gabriele.
Michael, un debutto importante a teatro per lei. Come ci si sente in veste di attore?
Molto bene direi grazie. Mi affascinano la ricerca e la cura artigianale che occorrono per fare questo mestiere. Credo che debuttare a 52 anni sia da considerarsi un evento pirandelliano, sono il primo a mettersi a ridere ma è andata proprio così. E’ stata anche la prima volta in cui sul palcoscenico mi sono sentito dentro una struttura: questo è stato ancora più gratificante.
Come ha lavorato alla preparazione del suo personaggio?
“Buttandomi nella piscina” come dice sempre Elisabetta Ratti, la nostra Signora Linde, cercando di andare in profondità con coraggio e passione.
Cosa l’ha affascinata maggiormente del testo messo in scena?
La capacità di esprimere un elevato peso specifico, un’umanita’ forte in un contesto molto vivace. Questa e’ la grande vittoria di Gabriele Calindri, il nostro regista.
Uno fra i tanti temi affrontati riguarda la scelta di Saper Vivere. E oggi , siamo in grado di fare questa scelta?
Non credo che esista una teoria compiuta del “Saper vivere” tantomeno un manuale che possa insegnarlo. Ciò che mi pare essenziale per ognuno di noi e’ lottare per difendere la propria possibilità di scegliere. Personalmente dopo anni un po’ pesanti sto recuperando in leggerezza…me l’ha consigliato il Dott. Rank
Grazie a Michael Righeira!