Arriva giovedì 13 marzo nelle sale italiane il kolossal 47 Ronin con protagonista Keanu Reeves.
Quando mi metto a scrivere qualcosa riguardo ad un film molto spesso si tratta di anteprime assolute e allora il problema non si pone. In caso di film già proiettati all’estero invece tendo ad evitare di leggere recensioni prima.
La volontà è quella di non farmi influenzare nel giudizio, con tutto quello che questo può comportare di buono e di cattivo.
Nel caso di “47 Ronin”, più di qualcosa era già filtrato con recensioni e commenti sul kolossal Hollywoodiano in salsa nipponica.
Il film (prodotto dalla Universal Pictures) che vede l’esordio alla regia di Carl Rinsch, costato 175 milioni di dollari, ancor prima di sbarcare in Italia è stato bollato come un insuccesso economico nella migliore delle ipotesi e spesso stroncato inesorabilmente.
Ecco che invece, e inaspettatamente persino per me, io lo salvo e sostengo questo film che seguendo la storia mitica dei 47 Ronin, farcisce il Giappone medioevale di creature fantastiche e streghe con la forza del fantasy e dei film d’azione.
Una operazione non facile, che non sempre riesce al meglio, ma che sicuramente non annoia.
Molti storceranno il naso vedendo accostare l’omaggio alla storia nazionale giapponese (ricordiamo che ogni anno banche e scuole chiudono in onore di questi uomini) ad un genere misto di fantasy ed action movie.
Eppure l’opera è stata proprio concepita così: “Il nostro obiettivo è stato conservare e rispettare le emozioni fondamentali e i temi della storia vera, ma guardandoli attraverso una lente che li rendesse pertinenti a un pubblico contemporaneo. Il pubblico cinematografico di tutto il mondo oggi parla la lingua del fantasy, della fantascienza e dei supereroi”, spiega il regista.
Per chi non lo sapesse la storia parla di 47 samurai che restano orfani del loro daimyo,dopo che questi, con l’inganno viene costretto a commettere seppuku ( il suicidio rituale).
Costretti all’esilio i 47 vendicheranno due anni dopo il proprio signore Asano (Min Tanaka) sapendo sin dal principio quale sarebbe stato il proprio destino.
Una storia di onore, fedeltà e sacrificio estremo che ha tutto per far breccia in un pubblico di ogni età.
La finzione Hollywodiana arricchisce la trama di un personaggio che nella storia reale manca. Si tratta del personaggio di Kai interpretato da Keanu Reeves.
Si tratta di un mezzosangue, per questo abbandonato da bambino, salvato e addestrato da creature sovrannaturali (i Tengu) prima che scappi nella foresta per essere salvato e accolto da Asano.
Qui conosce la figlia di quest’ultimo, Mika (Ko Shibasaki), della quale si innamora ricambiato in un amore che si rivelerà impossibile.
C’è tutto, forse anche troppo, in un film che alcune volte confonde per l’uso simultaneo di più generi ma che allo stesso tempo affascina per l’uso degli scenari incantevoli dei paesaggi del Sol Levante, per la superba fotografia di John Mathieson, già candidato all’oscar per “Il Gladiatore” e “Robin Hood”e le scenografie di Jan Roelfs, anch’egli già in corsa per l’ambita statuetta in due edizioni dell’Oscar.
Quel che stride un po’ è proprio la figura di Reeves, non per le sue qualità, ma per la difficile collocazione. L’accettazione del diverso e con questo un accenno al razzismo pare un po’ forzato. Ma se ci si lascia andare al racconto e lo si vive come vorrebbe esser vissuto nell’intenzione dei produttori non si uscirà insoddisfatti.
Io vado controcorrente e il film lo promuovo!
Il giudizio, come sempre è rimesso a voi.