È stato presentato ieri mattina, presso la Casa del Cinema di Roma, Il mistero di Dante, nuovo film del regista Louis Nero che vede la partecipazione tra gli altri del premio Oscar F.Murray AbrahamValerio Massimo Manfredi Gabriele La Porta. Tutti presenti alla conferenza stampa che si è tenuta al termine della proiezione del docufilm insieme a Franco Nero, produttore della pellicola distribuita da L’Altrofilm.

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L’Uscita in coincidenza con San Valentino è una scelta precisa per omaggiare il gruppo iniziatico fiorentino di cui Dante faceva parte: “I fedeli d’amore”.

Si tratta di una analisi attenta e profonda che vuole far emergere quel che si trova ”sotto ‘l velame de li versi strani”, per dirla come il Sommo Poeta. Per far ciò il regista si avvale di importanti studiosi di Alighieri alla ricerca della chiave esoterica che si cela dietro le terzine dantesche.

Un’opera puntigliosa che, come è stato fatto notare in conferenza stampa, vivrà una seconda vita, sia in ambienti accademici che scolastici.

Franco Nero, cos’è che l’ha spinta a produrre un progetto come questo?

Se Murray è qui la colpa è mia. Quando Louis mi ha detto che l’avrebbe voluto io l’ho coinvolto come pure ho fatto con il mio amico Massimo Valerio Manfredi. Io ho già collaborato in 4 occasioni con Louis sia come attore che produttore ed è sempre un piacere per me lavorare con lui. Uscirà in 30 copie. La prima sarà il 14 febbraio.

Manfredi, che rapporto avete con la cultura esoterica?

 Dobbiamo considerare un cosa, l’esoterismo è sempre esistito. Nel mondo classico c’erano i misteri ed erano per iniziati. Era una cosa rigorosa la custodia del segreto che, se violato, comportava la pena di morte. Questo significa che in ogni società coloro che ritenevano di avere raggiunto i gradi di conoscenza superiore non volevano inquinare questo tipo di conoscenza. Se noi riflettiamo vediamo che non l’ingresso in una nuova era ma l’uscita da un’era difficile e senza speranza è sempre segnata da uno di questi uomini. Noi non sappiamo chi è l’autore dell’epopea di Gilgamesh ma quel poema rappresenta l’uscita del genere umano dal Neolitico e ha delle manifestazioni così alte che lasciano senza fiato. Questo significa una sola cosa. C’era un gruppo di persone che coltivava quella forza e capacità di indagare e vedere oltre.

Omero rappresenta l’uscita dall’età del bronzo, una età di massacro e cupa. Termina con una serie di cataclismi, ma Omero non è che una punta dell’iceberg di cui fanno parte migliaia di cantori di corte e di strada che concludono il ciclo troiano. Dante significa  l’uscita dalla peste, dalla fame, dalla guerra e l’ingresso nel Rinascimento. Ma prima di lui alla fine di Roma erano nati uomini come Seneca che andavano oltre. Ogni volta c’è sempre un uomo più avanzato, più sofisticato, più spirituale ed intenso capace di guidare i suoi fratelli verso la speranza. In ogni caso attorno a quest’uomo c’è sempre un gruppo di testa. I poeti orali che hanno creato il ciclo troiano. Prima ancora i poeti che hanno  creato Gilgamesh. I poeti che attorno a Dante hanno creato i presupposti per la Divina Commedia  fino ai nostri tempi.

La Porta, c’è qualcosa che si sentirebbe di aggiungere a quel che abbiamo visto nel film?

Bisogna sforzarsi di vedere l’aspetto segreto in quel che sembra palese. Non è mai così evidente. Anche le persone che hanno letto e riletto certi brani trovano inaspettatamente dei piccoli tesori. Questa opera di “scandaglio” credo non debba fermarsi mai. Infatti io porterò questa pellicola all’Università dove insegno.

C’è solo una cosa che avrei aggiunto a quest’opera: Il personaggio di Cunizza da Romano. Ha passato la vita a fare l’amore in modo indiscriminato. E’ passata dentro la sessualità in ogni modo possibile e immaginabile. E allora perché Dante la pone nel Paradiso?

Perché ha tanto amato e Dante se ne frega se ha avuto tanti uomini. Quello che gli interessa  è  solo questo.

Murray Abraham, vorremo porle una domanda che va aldilà del film, cosa ha rappresentato per lei l’interpretazione di Salieri nella sua carriera?

Ho fatto la maggior parte dei film toccando tutti i ruoli di Shakespeare, Pirandello, Becket o Pinter. Ed è successo solo perché ho vinto l’Oscar per Amadeus! Il teatro è la mia vita anche se amo i film.

Quanto a quest’opera l mio lavoro come attore è interpretare l’esoterismo di questi grandi poeti e presentarlo in modo che si possa afferrare in modo molto semplice. Non perché pensi che la gente sia stupida.  Recentemente ho avuto un grande successo col mercante di Venezia in America e Inghilterra. È passato un anno e dopo aver lavorato per la terza settimana consecutiva ho capito nuove cose. Questo è il motivo per cui l’arte esiste e continua ad esistere.

Louis, ho visto che hai adottato la forma del documentario classico. Per quale motivo la scelta di un inizio invece così diverso?

Ho voluto semplicemente ripercorrere il viaggio di Dante che parte dall’inferno. La persona prima di aprire gli occhi ha bisogno di togliere i preconcetti. Prima di iniziare a vedere siamo ciechi e ho tentato di far immedesimare lo spettatore in questa condizione con gli occhi di colui che fa il viaggio.

Una parte importante del film ce l’ha la colonna sonora. Può dirci il ruolo della musica non solo in questo film ma in tutta la sua produzione?

Più che di musica parlerei di suono che è importante quanto l’immagine, anzi, da un certo punto di vista anche di più. Steven Mercurio, l’autore,  aveva una visione molto precisa di cosa voleva fare. Il ritmo che si sente all’inizio è il tamburo sciamanico ed ha un ritmo volutamente crescente perché mentre si va verso lo svelamento bisogna coinvolgere tutti i sensi. Si può ascoltare poi la canzone di Barberino e non a caso. Barberino era un personaggio che ci ha dato molte informazioni sul periodo e sul simbolismo del tempo.

Quanto ci hai messo ad arrivare alla forma del film. Ci parli degli sfondi utilizzati come scenografie?

Quando immaginavo la Divina Commedia non potevo prescindere dal lavoro di Gustave Dorè. Aveva realizzato perfettamente in forma di immagini ciò che Dante diceva in parole. Ho cercato con tecniche varie di essere fedele al disegno di Dorè che già diceva tutto, rendendole un po’ più contemporanee. Il film nel complesso ha necessitato di due anni di lavorazione perché lo portassi a termine .

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