La compagnia Ginepro Nannelli lo scorso anno ci ha incantati con la messa in scena de la Cantatrice Calva di Eugène Ionesco. Quest’anno ritorna in scena dal 28 Novembre al 15 Dicembre sempre alla Casa delle Culture di Roma con la stessa pièce.
È stata definita dallo stesso autore un’anticommedia. Voi come la definite?
Sicuramente nell’identico modo. .. la smorfia che insieme a Ionesco facciamo alla società un po’ stupida di cui facciamo parte, ci da la possibilità di giocare la nostra voglia di far divertire chi ci osserva.
Ionesco si rivela anche oggi un autore estremamente attento ed attuale. Descrive una società piena di luoghi comuni e priva di ambizioni profonde. Cosa vi ha colpito di questo pezzo? Qual’era il vostro intento?
Sono moltissimi anni che leggiamo questa piece. Spesso la leggevamo la sera, per divertirci, con le nostre figlie. Facendo tutti i personaggi. Finalmente abbiamo deciso di rappresentarla. Il testo di Ionesco ci ha offerto una possibilità ancora più grande che è quella di mettere in campo la nostra ricerca: lo studio di un meccanismo dentro le azioni delle persone che separa il loro dire dal loro fare. Abbiamo preso lo spunto dalla pendola che scandisce capricciosamente le ore nel salotto dei signori Smith per costruire un unico meccanismo di cui fanno parte i personaggi come ingranaggi di un congegno. Il tempo diventa protagonista nella sua duplice valenza di quantità e di ritmo. Il tempo si deforma si allunga si contrae si ferma torna indietro nell’indifferenza dei personaggi che ne sono le lancette.
Abbiamo pensato che si poteva mettere in scena utilizzando il nostro linguaggio, la nostra poetica: lavorare sul corpo utilizzando un copione parallelo alle battute, fino ad arrivare a concertare i due linguaggi per tutti e sei i personaggi. Creare cosi, quello che scrive Ionesco nel finale, un caos del linguaggio, una disintegrazione della parola, del senso – aggiungendo, nel nostro caso, un ritmo e un movimento del corpo strutturato e organizzato.
Il tempo è uno dei protagonisti di questa pièce. Cos’è il tempo per voi?
Scenicamente è fondamentale: sospensioni, pause, movimenti, accelerazioni sono la struttura del lavoro. Attraverso il tempo- ritmo si riesce a trasmettere le intenzioni.
In questo spettacolo per Ionesco il tempo è sospeso, relativo. La pendola, protagonista assoluta, batte il tempo che vuole e quando vuole.
Una delle cose che mi ha colpito quando ho assistito al vostro spettacolo, lo scorso anno, è la grande cura che avete messo nella comunicazione non verbale. Cosa mi potete dire a riguardo?
È il tipo di ricerca che percorriamo da moltissimi anni. Il movimento si struttura in una sua comunicazione parallela, diventa linguaggio assestante, poesia concomitante alla battuta :
corpo, musica, costume e luci lavorano in contrasto e/o a sottolineare e/o ad enfatizzare la parola.
Osservando gli altri spesso sembra che ci siano due persone in una: uno che afferma concetti che dovrebbero esprimere il suo pensiero le sue emozioni, un’altro che fa dei gesti che non sempre conferma no quello che dice la bocca. Volendo mettere in scena ci vogliono allora due copioni, non più uno solo. Uno per le parole e uno per il corpo. A volte vanno d’accordo, a volte no. Nella nostra messa in scena spesso è il corpo che sembra approfittare della sua autonomia così da mettere in difficoltà la parola che deve abbandonare significati divenuti insostenibili e gettarsi in un bagno di suono e ritmo che la rimette in pista.
Chi è la Compagnia Ginepro Nannelli?
Patrizia D’Orsi e Marco Carlaccini soci fondatori – ci accompagnano da oltre vent’anni il musicista compositore Claudio Rovagna, la costumista Antonella D’Orsi Massimo e il disegnatore luci Giuseppe Romanelli.
La Compagnia nasce nel 1980 ( si rifonda nel 2004) e da allora ha percorso molti sentieri che apparentemente separano i diversi generi teatrali. Dal comico alla sperimentazione, dal teatro di strada alla tragedia.
La guida di queste trasformazioni è sempre stata la ricerca dell’uomo. Da una parte l’uomo che osserva e dall’altra quello che è osservato. Il rapporto tra attore e spettatore, fra scena e platea:
“il sibilo di un sasso scagliato da una mano e il tonfo dell’acqua del mare che lo riceve”
La ricerca dell’uomo e dell’umanità, incarnata nella continua ricerca del come dire e del come fare, è ancora oggi, e con più forza di prima, sentita da noi come unica drammatica possibilità di affermare la nostra esistenza con gli altri, dentro la trama di un tessuto sociale nel suo continuo movimento. La qualità diventa capacità di leggere l’esterno e dare risposte adeguate. Il nostro impegno non è soltanto fare spettacolo, ma collocare nel tessuto sociale, in cui decidiamo di intervenire, le qualità che abbiamo saputo sviluppare, In questo spirito oggi la compagnia organizza spettacoli, azioni teatrali e coordinamento di altre compagnie per favorire una espressione di gruppo su temi e occasioni sociali, organizzazione di eventi e manifestazioni anche all’interno della Casa delle Culture di Roma.
Cosa vi augurate per questo nuovo appuntamento a teatro?
Pubblico, pubblico e ancora pubblico! sappiamo che possiamo migliorare ancora un po’ il nostro spettacolo, mettere ancora più in ordine il nostro orologio e ci auguriamo di poter condividere la gioia di tornare in scena con tanti spettatori. Quest’anno staremo in scena tre settimane ( dal giovedì al sabato) e per noi, che ci auto produciamo completamente lo spettacolo, è davvero molto oneroso.. unica risorsa: Il pubblico!
In una frase, convincete chi ci leggerà a venire a vedere il vostro spettacolo!
Vieni a vivere insieme a noi l’ illusione di un tempo sospeso
..“prendete un circolo, coccolatelo, diventerà vizioso!”..
Grazie a tutti voi e….merda merda merda.