Che cosa trovate nella letteratura? Quanto paghereste per vedere ripubblicato il libro della vostra vita nel caso sparisse?
Con queste domande esordisce Christian Raimo, scrittore, insegnante, autore del blog minima&moralia, curatore della collana Indi presso la casa editrice romana minimumfax. Un’introduzione alla lezione sullo scrittore David Foster Wallace, avvenuta sabato 25 maggio alla cascina Mulino di Astino (Bergamo) nel contesto degli incontri Un grande classico.
Raimo, già finalista del Premio Bergamo con il romanzo Il peso della grazia, ha saputo trasmettere al pubblico l’anima dell’autore americano, di cui è fine conoscitore. Ha raccontato con umanità e cura, da amante e frequentatore della letteratura, la sua passione per Wallace. Ha tradotto alcune sue opere per la casa editrice minimumfax. Ha trovato in lui un fratello maggiore in un’epoca in cui il padre, riprendendo un’espressione dello psicanalista Recalcati, è evaporizzato [Massimo Recalcati, Cosa resta del padre?, Milano, Cortina, 2011].
Leggendo al pubblico attento alcuni brevi racconti tratti dalla raccolta La ragazza dai capelli strani sono emerse le qualità di Wallace, narratore visionario. “Il tutto verde”: una descrizione breve e intensa, una serie di immagini cinematografiche di un amore finito. La potenza della scrittura di Wallace è testimoniata da un altro breve racconto letto da Raimo “Piccoli animali senza espressione”: una madre dal viso morto, un padre su un’auto in attesa, e due figli, due bambini bianchi lasciati sul bordo di una strada chissà dove, vegliati dagli occhi di una mucca, ed è subito notte.
La grandezza dell’autore americano è l’aver colto una dimensione, un sentimento diffuso, che aleggia tacitamente fra gli umani: l’aspirazione dell’uomo all’assoluto e i suoi limiti, i limiti della comunicazione, del linguaggio, la frustrazione causata dall’utopia negata. Wallace riconosce la noia e la solitudine come condizioni essenziali dell’uomo e del suo essere mortale.
L’autore è brillante, un compagno di viaggio per i giovani lettori. Raimo ci racconta le notti trascorse a tradurre i suoi testi a 20 anni, le discussioni aperte, l’animo dispiegato alla tempesta nel tempo del disincanto, gli anni 90. Anni di cui Wallace è riuscito a cogliere lo “spirito del tempo”. Assolutamente da leggere il suo discorso al Kenyon College: se i giovani di oggi sono alla ricerca di qualcuno che critichi la realtà con onestà e conoscenza, senza arcaismi, con una vicinanza estrema alle inquietudini dell’essere studenti e alla ricerca, se si cerca uno sguardo filosofico, lucido e chiaro sul presente, grazie alla lettura di questo discorso si vivrà un’apertura, un’epifania.
Wallace è stato anche fine saggista: si è occupato di tutto, di politica, di lingua, di televisione, ma anche di tennis, di rap. “Il rap spiegato ai bianchi” è un saggio interessante anche per chi di rap non è appassionato. L’autore ha seguito la campagna elettorale di John McCain del 2000: il suo metodo è cercare quello che sta in superficie, lavorare sulle retoriche, sul linguaggio, studiare la politica a partire dall’espressione.
Raimo ha affermato: “Wallace ha avviato una nuova idea di essere umano, specializzato in tutto e con profonde zone oscure”.
Non a caso gli adulti che si suicidano con armi da fuoco quasi sempre si sparano alla testa. Sparano al loro pessimo padrone. E la verità è che molte di queste persone sono in effetti già morte molto prima di aver premuto il grilletto.
Discorso al Kenyon College, Wallace